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Cosa hanno in comune gli attacchi jihadisti in Tunisia, Francia e Kuwait

Che guerre fanno di Laura Canali

Di Giorgio Cuscito (Limes)

Gli attentati nei tre paesi, condotti con armi non sofisticate e contro obiettivi vulnerabili, sono la prima risposta all’invocazione dello Stato Islamico a colpire durante il Ramadan.

Tre attacchi terroristici, in tre diversi paesi (Francia, Kuwait e Tunisia), in circa tre ore si sono verificati il 26 giugno. Gli episodi non paiono collegati sul piano operativo, tuttavia è possibile rintracciare alcuni aspetti comuni, tra cui l’ombra dello Stato IslamicoCollegamento esterno (Is) in almeno due di essi (Sousse e Kuwait City).

L’attacco in Francia

A Saint-Quentin-Fallavier, vicino Lione, l’obiettivo (fallito) era far esplodere un impianto di gas. L’attentatore, Yassin Salhi, 35 anni, di origine marocchina, faceva l’autista per le consegne. Prima ha decapitato il suo datore di lavoro (avevano libero accesso all’impianto) poi ha tentato invano di far saltare in aria l’edificio. Salhi ha affermato all’inizio di aver compiuto questo gesto per via di problemi familiari e lavorativi. Eppure una sua foto con la testa mozzata del suo datore di lavoro sarebbe stata inviataCollegamento esterno via Whatsapp a un numero canadese appartenente a un utente che l’attentatore ha conosciuto in Siria nel 2006 e che sarebbe ancora in Medio Oriente. Tutto fa pensare che Salhi non stia dicendo tutta la verità. In tal caso potrebbe essere la prima volta che un jihadista decapita un uomo in un paese occidentale.

L’attentato di Lione segue quello sferrato lo scorso gennaio contro la redazione di Charlie Hebdo a ParigiCollegamento esterno (seguito da quello al supermercato kosher nella stessa città), certamente il più grave registrato in Occidente quest’anno. L’episodio di Lione conferma che la Francia è oggetto di particolare interesse per i jihadisti.

La moschea in Kuwait

A Kuwait city, si è verificato un attentato suicida in una moschea sciita che ha ucciso almeno 27 persone. L’attacco è stato rivendicato da quello che l’Is definisce il suo ramo attivo nel “Wilayat NajdCollegamento esterno“, una provincia dell’Arabia Saudita. Questo gruppo terroristico ha colpito nei mesi scorsiCollegamento esterno altre due moschee sciite proprio nel regno dei Saud. Riyad ha quindi alzato il livello di sicurezza intorno a questi edifici e per questo motivo i jihadisti potrebbero aver deciso di cercare un bersaglio più facile in Kuwait.

Colpendo gli sciiti, in questo paese come in Arabia Saudita, i jihadisti cercano di alimentare il conflitto settario con i sunniti. In tale contesto, il caso dell’Iraq fa scuola: qui il crescere delle tensioni tra la comunità sunnita e il governo a matrice sciita guidato da Nouri al Maliki (da settembre sostituitoCollegamento esterno da Haider al Abadi) ha fornito allo Stato IslamicoCollegamento esterno guidato dal sedicente califfo Abu Bakr al Baghdadi terreno fertile per fare proselitismo e consolidare la sua presenza nel paese.

L’attentato in Tunisia

In un resort di Sousse, località marittima della TunisiaCollegamento esterno, un uomo ha ucciso almeno 38 persone a colpi di Ak 47. L’attentato è stato rivendicatoCollegamento esterno dall’Is.

Il terrorista si sarebbe addestratoCollegamento esterno per un certo periodo in LibiaCollegamento esterno (ormai uno Stato fallito, dove operano vari gruppi terroristici) proprio con quelli che avevano colpito a Tunisi al museo del BardoCollegamento esterno del marzo scorso.

I due attacchi si assomigliano sia per il tipo di bersaglio sia per lo stile con cui sono stati condotti. Tuttavia non è chiaro se gli attentatori del primo (affiliati allo Stato Islamico) volessero colpire in realtà il parlamento e poi avessero ripiegato sul museo del Bardo, visto che i due edifici sono adiacenti.

Ad ogni modo, colpire in luoghi che attraggono turisti occidentali è una delle peculiaritàCollegamento esterno del terrorismo di matrice islamica. Per la Tunisia ciò si traduce in un grave danno economico, poiché il turismo rappresenta il 15%Collegamento esterno del suo pil.

Colpire la Tunisia significa inoltre attaccare il paese che ha dato inizio al periodo delle cosiddette primavere arabeCollegamento esterno e che tenta di dar vita, con molta fatica, a un sistema democratico. L’Is vorrebbe mettere in crisi Tunisi, spingendola a rafforzare le misure di sicurezza contro la popolazione per contrastare il terrorismo, così da alzare la tensione nel paese. Del resto le organizzazioni terroristiche operano più agevolmente nei paesi instabili e/o dove persistono vuoti di potere (vedi la Libia).

Si consideri inoltre che dalla Tunisia proviene il maggior numero di combattenti stranieri (3 milaCollegamento esterno sui 20 mila totali stimati) che si sono recati in Siria e in Iraq per unirsi all’Is. Insomma, il ritorno dei cosiddetti foreign fightersCollegamento esterno non è una minaccia solo alla sicurezza dei paesi occidentali.

Il governo di Tunisi ha già annunciato che chiuderàCollegamento esterno 80 moschee che si presume abbiano un legame con l’estremismo islamico.

I tre attentati sono stati condotti senza bisogno di una particolare preparazione e di armi sofisticate (in Francia si è utilizzato un coltello, in Kuwait un esplosivo rudimentale, in Tunisia un fucile Ak-47). Per quanto riguarda gli obiettivi, a Kuwait City e Sousse si è trattato di civili in luoghi pubblici. Per Lione, invece, il discorso è diverso poiché l’attentatore voleva far saltare in aria un’infrastruttura energetica.

In tutti e tre i casi si trattava di bersagli piuttosto vulnerabili, colpiti in un momento simbolico, il Ramadan. Giorni prima di questi attacchi, infatti, il portavoce dell’Is Abu Mohammed al Adnani aveva esortatoCollegamento esterno i jihadisti a trasformare il mese sacro in “una calamità per gli infedeli…gli sciiti e i musulmani apostati”. Tenuto conto della rapidità con cui è arrivata la risposta dei jihadisti, luglio potrebbe essere un mese caldo.

Per approfondire: Francia e Tunisia, l’offensiva dello Stato Islamico nel RamadanCollegamento esterno

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