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Il frontalierato del calcio sotto pressione

gambe di giocatori di calcio
Nei club di calcio amatoriali ticinesi militano anche molti giocatori provenienti dalla vicina Lombardia. Keystone / Alessandro Della Valle

Molti calciatori italiani dilettanti si allenano nei club ticinesi. Una situazione che in questo periodo di zona rossa in Lombardia e di appelli alla chiusura sta facendo discutere e la cui eco è giunta fino a Berna.

Dopo le polemiche sul sushi arrivano quelle sul calcio. Il tutto sembra essere partito dalla segnalazione di una mamma che un paio di giorni fa, accompagnando il figlio a un allenamento nel Mendrisiotto, ha constatato nei pressi del centro sportivo una folta presenza di automobili con targhe italiane. Molto probabilmente si trattava di giocatori che si allenavano con la squadra locale.

In Svizzera, dal primo marzo le società sportive dilettantesche hanno potuto in parte riprendere gli allenamenti. E molti club di calcio, soprattutto nella zona di confine, hanno tra i tesserati giocatori che provengono dalla vicina Lombardia.

Interpellanza a Berna

Questa situazione ha suscitato le ire del consigliere nazionale della Lega dei Ticinesi Lorenzo Quadri, che dallo scoppio della pandemia batte il chiodo, auspicando maggiori restrizioni di entrata alla frontiera. Quadri ha presentato un’interpellanza in cui chiede al Governo federale se ritiene “accettabile” che dalla Lombardia, tornata zona rossa, “entrino frotte di persone” per praticare attività sportive amatoriali non permesse in patria. Inoltre, il parlamentare leghista domanda al Governo perché “rifiuta per motivi ideologici di limitare la mobilità transfrontaliera”.

Il Consiglio federale non ha ancora preso posizione, ma due giorni fa, durante la tradizionale ora delle domande, la ministra di giustizia e polizia Karin Keller-Sutter, rispondendo al parlamentare ticinese Marco Romano, aveva affermato che controlli sistematici alle frontiere, specie con l’Italia, non sono per ora necessari. Secondo la consigliera federale, le misure sanitarie protettive adottate in Svizzera, come la chiusura dei ristoranti e di certe strutture per il tempo libero, hanno già un effetto limitante sulla mobilità.

Si può, ma anche no

Per quanto concerne la pratica di attività sportive amatoriali da parte di persone che provengono da oltre confine, la situazione è tutt’altro che chiara. Secondo quanto riporta il Corriere del TicinoCollegamento esterno, il 12 marzo scorso la Prefettura di Como ha indicato che “in base alla normativa vigente in Italia e in particolare alla suddivisione delle zone in colori diversi, l’attività può essere svolta se prevista in Svizzera”. Lunedì, però, sempre dalla Prefettura della città lariana è giunta un’altra comunicazione che non contribuisce a far chiarezza: “Si tiene a precisare che non è possibile svolgere gli allenamenti in Svizzera se il campionato di calcio è sospeso”.

Nelle leghe amatoriali i campionati sono effettivamente sospesi e non si sa ancora quando potranno riprendere.

Per il presidente della Federazione ticinese di calcio Fulvio Biancardi, interpellato sempre dal Corriere del Ticino, la situazione non è per nulla ideale e probabilmente va contro le regole in vigore in Italia: allenarsi a livello amatoriale – afferma – “non è una comprovata necessità e non è nemmeno un motivo di lavoro”.

Chi viene in Svizzera ad allenarsi non infrange comunque nessuna norma elvetica. Entrando nella Confederazione da una regione confinante non vige l’obbligo di compilare un modulo d’entrata. La Lombardia non si trova neppure nelle regioni considerate a rischioCollegamento esterno dall’Ufficio federale della sanità pubblica. Non è quindi necessario presentare in dogana un test PCR negativo. Dare un calcio al pallone, quindi, è perfettamente legale, almeno dal punto di vista elvetico. Se ciò è opportuno, è un’altra storia.

tvsvizzera.it/mar

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