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Il ritorno delle frontiere, nuova sfida per pendolari europei

Se circa la metà dei frontalieri europei lavorano in Svizzera, dove a fine 2016 avevano raggiunto quota 318'500, anche altri paesi conoscono il fenomeno che può ben definirsi continentale.

Lo testimonia, ha osservato Matteo Sanfilippo (Università di Tuscia) – al convegno internazionale sul tema tenutosi a Bergamo il 16 e il 17 novembre – l’esistenza di grandi conglomerati di Stati, come la Grande Région du Nord che va dalla Francia Orientale alla Renania-Palatinato passando dal Benelux. E proprio in questa area, a titolo di esempio, è già operativo il coordinamento dei piani dei trasporti allo scopo di favorire su scala internazionale la mobilità dei pendolari stranieri. In quest’ottica, ha indicato Matteo Sanfilippo, si possono distinguere due aree più o meno omogenee, una incentrata sul blocco tedesco (che comprende anche Fiandre, Olanda, Austria e Danimarca meridionale) e un blocco francofono (Francia, Vallonia, Svizzera e Lussemburgo).

I nuovi frontalieri viaggiano in TGV

Del resto proprio la Francia conosce da oltre un secolo un importante afflusso di lavoratori belgi che ha avuto un impatto determinante sulla stessa storia del mondo del lavoro e del sindacalismo francese, come ha rilevato Maria Grazia Meriggi (Università di Bergamo). E con la caduta del muro di Berlino abbiamo assistito a scenari inediti come quello dei lavoratori ucraini diretti verso i paesi Ue o quello analogo del pendolarismo della manodopera al confine tra Slovenia e Austria.

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La questione dei frontalieri in Ticino preso in esame in un convegno all Università di Bergamo

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Frontalieri, un fenomeno studiato a Bergamo

Questo contenuto è stato pubblicato al ​​​​​​​ Il caso ticinese è stato al centro del convegno “I frontalieri in Europa” tenutosi oggi all’Università di Bergamo.

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Ma gli studi sull’argomento sono ancora pochi e “la storiografia è povera”, sottolinea sempre Matteo Sanfilippo, secondo il quale mancano alcuni dati quantitativi dopo che, con gli accordi di Schengen, sono venuti meno gli archivi relativi ai transiti alle dogane. Di sicuro, dal profilo qualitativo, si stanno producendo profondi mutamenti: “Il parametro dei 20 chilometri dalla frontiera” in cui il lavoratore pendolare ha la residenza “è completamente saltato” ha indicato lo storico delle migrazioni. Oggi si è sviluppato “un frontalierato di alto livello” costituito da “professori universitari e professionisti che prendono il TGV” per recarsi sul posto di lavoro e rientrano al proprio domicilio solo il venerdì sera.

Il ritorno dei muri

In questo senso sarebbe interessante approfondire la tematica della mobilità transfrontaliera in rapporto a quella interna ai singoli paesi. Del resto anche in passato la letteratura riferisce dei numerosi lavoratori dell’Italia meridionale attivi in Francia e Svizzera, dopo essersi insediati rispettivamente in Liguria e Lombardia. E oggi può capitare che un frontaliere, non più vincolato alla regola dei 20 chilometri e del rientro serale obbligatorio, risieda tranquillamente a Roma.

Ma il fenomeno, anche a livello europeo, è in profonda evoluzione anche dal profilo concettuale e politico. Gli studiosi, ha sottolineato Yvan Gastaut (Università di Nizza), parlano insistentemente di “ritorno (o ossessione) delle frontiere”. “Si sta chiudendo l’epoca”, seguita negli anni ’90 al crollo del Muro di Berlino, “in cui si credeva alla dissoluzione delle frontiere” e “i migranti europei venivano visti con favore”. Ora i confini sono rievocati per ricostruire identità nazionali e territoriali messe a repentaglio dalle spinte della globalizzazione e, in seconda battuta, per costituire un baluardo contro i profughi provenienti da sud e potenziali terroristi.

Code alle dogane

Il risultato è che si stanno intensificando le procedure e i controlli alle dogane e sono aumentati i tempi per il transito ai valichi, a danno soprattutto dei lavoratori pendolari stranieri. Non a caso, ha rilevato Matteo Sanfilippo, a Ventimiglia vi sono periodiche manifestazioni contro la presenza del centro per rifugiati, cui partecipano anche frontalieri, per protestare contro le nuove code alle dogane. A questo punto, ha detto sempre lo storico italiano, bisognerà vedere se il fenomeno sopravviverà all’annunciato ritorno delle frontiere.

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