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Cercasi accompagnatore per suicidio assistito

bicchiere d acqua e flacone di farmaci su un tavolo
Nell'arco di vent'anni, il numero di persone che scelgono di ricorrere al suicidio assistito in Svizzera è più che quintuplicato. Keystone / Gaetan Bally

Annuncio di lavoro inusuale sulla stampa ticinese, Exit spiega: "Di solito reclutiamo fra i membri, ma in Ticino c'è un bisogno e nessuno si era annunciato".

“Per il Ticino cerchiamo accompagnatori/accompagnatrici per il suicidio assistito”: è quanto si legge in un annuncio di lavoro apparso il 13 gennaio. Un annuncio non solo a prima vista inusuale. A pubblicarlo è ExitCollegamento esterno, probabilmente la più conosciuta delle associazioni che in Svizzera si battono per il diritto all’autodeterminazione.

Ha 145’000 iscritti di cui 2’500 in Ticino e a nostra precisa domanda conferma: non si tratta della prassi abituale, di regola “gli accompagnatori vengono reclutati tramite un appello fra i soci”. I membri non sono necessariamente persone nell’ultima fase della loro vita, anzi: può iscriversi chiunque anche giovane e perfettamente sano, e l’aiuto al suicidio non è l’unico servizio offerto. A molti interessa per esempio la conservazione centralizzata del testamento biologico, un documento in cui si chiarisce quali atti terapeutici si sarebbe disposti o meno a subire, se ci si trovasse nella condizione di non poter più esprimere la propria volontà.

Questa volta – dicevamo – l’appello ai membri a sud delle Alpi non ha avuto successo, non si è fatto avanti nessun accompagnatore idoneo. Si è quindi deciso di fare un’eccezione e pubblicare l’annuncio.

Numeri in crescita

Attualmente infatti non ci sono abbastanza accompagnatori per far fronte alle richieste. Richieste che, indipendentemente dagli effetti della pandemia, “tendono a crescere già da diversi anni, in Svizzera come in Ticino”, ci ha detto la portavoce Danièle Bersier. L’anno scorso nel Cantone a sud delle Alpi i suicidi assistiti con Exit sono stati 28. Se ne erano contati 19 nel 2021, 26 nel 2020.

A livello nazionale, le cifre sono pure in costante ascesa, come si può vedere dai dati globali dell’Osservatorio svizzero della salute, che considera tutte le associazioni che si occupano di fornire assistenza al suicidio. 

L’aumento non è legato al fenomeno del cosiddetto “turismo della morte”. La statistica prende infatti in considerazione solo le persone residenti in Svizzera. 

Da precisare inoltre che Exit, contrariamente a Dignitas, l’altra associazione attiva nella Confederazione, fornisce assistenza al suicidio solo a persone residenti in Svizzera o che, pur vivendo all’estero, hanno il passaporto rossocrociato.

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Serve il tedesco

Quello offerto non è un posto a tempo pieno, si calcola un’occupazione flessibile del 20% circa. “Molti accompagnatori sono pensionati o hanno comunque un’altra professione”, ricorda Bersier. A colpire nell’annuncio è anche la richiesta di una padronanza molto buona della lingua tedesca, oltre che dell’italiano. I motivi sono essenzialmente due: la sede di Exit per la Svizzera tedesca e il Ticino è a Zurigo ed è lì che sono previste anche le cinque giornate di formazione teorica, prima di passare all’introduzione pratica. Inoltre “a sud delle Alpi vivono molti membri di Exit che parlano tedesco”, e vista la natura delicata della relazione che si va a costruire, si vuole che possano esprimersi nella loro lingua materna.

Fra gli altri requisiti, indispensabili sensibilità, capacità di comunicazione e una certa esperienza di vita (l’età minima è 40 anni, la massima 66). Bisogna infine essere psichicamente stabili. L’idoneità sarà accertata anche dal Centro di Psicologia dello Sviluppo e della Personalità dell’Università di Basilea.

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