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Membro della ‘ndrangheta estradato in Italia

Un'immagine tratta dal video che, nell'agosto del 2014, ha dimostrato l'esistenza di una cosca 'ndranghetista in Svizzera. Keystone

Il primo dei presunti membri della cellula di Frauenfeld (canton Turgovia) della ‘ndrangheta arrestati lo scorso 8 marzo, è stato consegnato alle autorità italiane venerdì a Chiasso.

Nel 2016 l’Ufficio federale di giustizia (UFG) ha autorizzato l’estradizione in Italia di tutti e 13 gli arrestati.

L’UFG ha dichiarato di essere giunto alla conclusione che in tutti i casi erano rispettate le condizioni per l’estradizione, in particolare il criterio della doppia punibilità, in base al quale i fatti esposti nella rogatoria italiana devono essere punibili anche in virtù del diritto svizzero.

Tutti gli interessati hanno contestato la decisione con un ricorso al Tribunale penale federale (TPF) di Bellinzona. In una decisione del 25 gennaio scorso, quest’ultimo non è entrato in materia sull’istanza di uno di loro perché il suo avvocato l’aveva inoltrata senza motivazioni. La richiesta di una proroga presentata dal legale è poi stata respinta dal TPF.

Lunedì scorso l’UFG ha ordinato un nuovo arresto del presunto mafioso calabrese. Questi ha rinunciato a ricorrere al Tribunale federale di Losanna ed è stato così consegnato a Chiasso alle autorità italiane.

L’uomo figurava tra i presunti membri della cellula di Frauenfeld che erano stati provvisoriamente rimessi in libertà a metà marzo 2016 su cauzione o predisponendo altre misure cautelari come la consegna dei documenti o l’obbligo di notifica. L’UFG riteneva infatti minimo il rischio di fuga e di collusione.

Il 17 marzo 2016 l’UFG aveva fatto sapere che altri due presunti membri della cellula turgoviese non possono essere estradati essendo naturalizzati svizzeri. I due erano stati soltanto convocati per un interrogatorio l’8 marzo precedente, quando erano stati arrestati su richiesta italiana di estradizione gli altri membri della cellula (12 in Turgovia, uno nel canton Zurigo), tutti di nazionalità italiana. I 13 sono accusati in patria di far parte di un’associazione mafiosa.

Altri due arresti erano avvenuti sempre l’8 marzo 2016 in Vallese. I due presunti mafiosi calabresi – il 60enne boss Antonio Nucera e il figlio 34enne Francesco, entrambi latitanti dal 2013 – erano già stati condannati in primo grado in contumacia dal tribunale di Reggio Calabria il 21 ottobre 2014 rispettivamente a nove e a sei anni di reclusione per associazione mafiosa e altri reati. Il primo, esponente di vertice della omonima cosca di Condofuri (Reggio Calabria) è stato estradato il 21 giugno 2016, il secondo il 5 agosto.

 

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