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Fra cuore e tonaca

all interno di una chiesa
Finora la Chiesa e Papa Francesco non hanno dato segni di apertura per quanto concerne la questione del celibato dei preti. Keystone / Vatican Media Handout

Viaggio nella realtà dei preti sposati ed esclusi dal sacerdozio. Il dibattito sul celibato ecclesiastico. Le divisioni nella Chiesa.

Il celibato dei preti è notoriamente la norma nel sacerdozio della Chiesa cattolica. Una norma di disciplina che ha radici antichissime e che puntualmente suscita divisioni sulla sua attualità. C’è chi lo giudica anacronistico e chi invece ne difende con decisione la validità. Il dibattito sul tema ha fatto registrare negli ultimi mesi un rinnovato interesse. Soprattutto dopo quel Sinodo sull’Amazzonia, dal quale ci si poteva aspettare qualche apertura all’ipotesi di una revisione della norma. Ma dagli esiti di quest’assemblea vescovile, svoltasi a inizio anno, non è emersa alcuna svolta significativa. E l’impegno al celibato resta sempre, in buona sostanza, uno dei capisaldi della vita sacerdotale.

Da Roma si attendevano risposte e a Roma ha preso corpo questo reportage realizzato con la collega Paola Nurnberg. Non pochi gli interrogativi sullo sfondo. Cosa motiva questo obbligo al celibato? È una norma davvero così assoluta nella Chiesa cattolica? E, soprattutto, qual è la disciplina applicata ai casi di quei preti che, posteriormente all’ordinazione e all’impegno al celibato, possono innamorarsi, entrare in crisi e chiedere quindi alla Chiesa di potersi sposare?

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Dell’obbligo di celibato

I sacerdoti che attraversano questa esperienza di vita e intendono coniugarsi possono chiedere alla Chiesa una specifica dispensa. Scatta però l’esclusione dal sacerdozio attivo. Il prete, visto il carattere indelebile dell’ordinazione a suo tempo ricevuta, non smette certo di restare tale agli occhi della Chiesa. Non potrà però più celebrare la messa, predicare, impartire i sacramenti. E si tratta di una condizione vissuta da molti sacerdoti sposati, che ancora sentono lo slancio della loro vocazione, nei termini di una sanzione.

Un problema ben noto a don Giovanni Cereti, sacerdote e teologo apertamente favorevole alla riammissione dei preti sposati al sacerdozio attivo. Cereti, che attualmente è rettore di una confraternita di Roma, sottolinea il fatto che il celibato sacerdotale non rappresenta di per sè una norma incontrovertibile. “Non è un dogma e non c’è un fondamento evangelico”, afferma. Del resto lo stesso san Pietro era sposato e nei primi secoli della Chiesa i presbiteri erano mariti e padri di famiglia. Inoltre, la Chiesa cattolica, ricorda Cereti, comprende chiese di rito orientale che non richiedono l’obbligo del celibato. La norma insomma, in seno alla stessa realtà del cattolicesimo, non ha un carattere generalizzato. Si è invece storicamente imposta nella Chiesa latina, nel solco di una concezione di assoluta dedizione del sacerdote a Dio e alla comunità dei fedeli.

Il celibato dei preti “non è un dogma e non c’è un fondamento evangelico”

Don Giovanni Cereti

I preti sposati. Le loro mogli

Fin qui, le considerazioni di un teologo. Ma come vivono intanto la loro condizione i diretti interessati? Samuele Ciambriello, prete sposato, è nel direttivo di “Vocatio”, un’associazione che sul problema si prefigge di sensibilizzare la Chiesa e la società. Da sempre attivo in campo civile e sociale, Ciambriello è docente universitario e ricopre anche l’incarico di Garante dei diritti dei detenuti nei penitenziari della regione Campania. “Avverto che mi manca qualcosa. Ma non mi sento colpevole. Mi sento vulnerabile”, ci dice, commentando la sua esclusione dal ministero sacerdotale e contestando con vigore l’incompatibilità fra sacerdozio e matrimonio. La disciplina applicata in questi casi dalla Chiesa – sostiene – sottende in realtà l’idea di una perfezione assoluta richiesta ai preti e finisce così per assimilare a imperfezioni valori come quelli dell’affettività e della vita coniugale.

Ma qual è la percezione delle mogli dei preti sposati? Molta amarezza traspare dalla testimonianza di Lidia Arato. Già suora, decise di lasciare la vita religiosa nel clima di contestazione delle gerarchie che si era diffuso negli anni Settanta. Quindi, la sua storia d’amore con un missionario comboniano che in quegli stessi anni aveva conosciuto: un matrimonio felice, ma da lei vissuto anche con molti sensi di colpa proprio per l’inevitabile rimozione del coniuge dal sacerdozio attivo. “Mio marito”, sottolinea, “ne ha molto sofferto” ma nell’intimo “si sente sempre un missionario comboniano”. Entrambi, negli anni, hanno mantenuto la loro tensione spirituale e il loro attaccamento alla Chiesa. E nell’ipotesi di riammettere i preti sposati al sacerdozio ravvisano, in particolare, una possibile via per affrontare il problema della carenza di sacerdoti con cui la Chiesa continua a essere confrontata.

“Avverto che mi manca qualcosa. Ma non mi sento colpevole. Mi sento vulnerabile”.

Samuele Ciambrello, prete sposato escluso dal ministero sacerdotale

Le chiusure della Chiesa

Il pontificato di Papa Francesco ha senz’altro incoraggiato le istanze volte ad una revisione della norma sul celibato. Ma nell’ambito della Chiesa cattolica non mancano certo resistenze e aperte opposizioni. Fra le personalità che in materia sono più intransigenti, spicca il cardinale Gerhard Ludwig Müller, già prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. Di norma disciplinare si tratta, come abbiamo visto, e non di un dogma. Ma per Müller è teologicamente falso parlare di una norma “che si può cambiare da un momento all’altro”. Esiste “un vincolo interno fra il celibato e il sacerdozio”: qualcosa che neppure il Papa potrebbe cambiare. Fuori questione è quindi l’ipotesi di reintegrare nel sacerdozio i preti sposati: si erano impegnati al celibato con la loro ordinazione e “non si possono cambiare le condizioni dopo”. Altrimenti, sottolinea, la credibilità della Chiesa ne uscirebbe compromessa.

In ogni caso oggi sarebbe oggi molto difficile distaccarsi dalla tradizione del celibato ecclesiastico. A sostenerlo è Angelo D’Auria, frate cappuccino e professore di diritto canonico alla Pontificia Università Lateranense. E la tradizione, ricorda, rappresenta uno dei pilastri della Chiesa cattolica. Ma D’Auria, soprattutto, afferma di non vedere una ragione per cui la Chiesa dovrebbe cambiare la sua disciplina in materia. “Qual è l’esigenza? Un valore superiore? Superiore a quello di chi per amore di Dio decide di sacrificare la sua coniugalità per condividere quest’amore con tutti?”. Semmai, sottolinea, va ravvisata una precisa coerenza nei sacerdoti che hanno scelto il celibato, ne hanno colto il significato e lo vivono con gioia.

Il dibattito sul celibato sacerdotale sta così evidenziando divisioni e opinioni fra le più distanti. Ma intanto la percezione è quella di un tema che, unitamente ad altri, sta contribuendo ad alimentare un confronto di posizioni sempre più aperto sul futuro della Chiesa. E con sviluppi tutti da seguire.

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