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Giacomo recluso a Rebibbia tra tumulti e paura del contagio

finestre di un carcere
Nelle carceri la tensione è alle stelle. Nella foto la prigione di Poggioreale a Napoli, dove il primo aprile i detenuti hanno inscenato una rumorosa protesta, facendosi sentire con mestoli e pentole. Keystone / Ciro Fusco

Giovedì a Bologna si è registrato il primo decesso tra i carcerati a causa del coronavirus. Il numero di contagiati è ancora contenuto, ma vista la situazione di grande promiscuità, il timore di una rapida diffusione dell'epidemia è grande.

Giacomo ha venticinque anni e per un piccolo furto si trova da nove mesi recluso nell’istituto penitenziario di Rebibbia a Roma nonostante il magistrato abbia stabilito che dovrebbe essere affidato a una struttura specializzata perché soffre di un disturbo bipolare unito a dei problemi di tossicodipendenza. Tali strutture sono denominate Rems, residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza, ma sono piene e la lista d’attesa si protrae da molto tempo. Mentre la pandemia fa apparire le mura di cinta ancor più alte e spesse e l’istituto penitenziario ancora più oscuro, Giacomo si trova in un reparto carcerario dove non riceve nessuna cura come fosse un comune detenuto.

Sua madre, Loretta Rossi Stuart, sta combattendo strenuamente perché Giacomo sia affidato ad una comunità terapeutica, avendone individuate almeno due disposte ad accoglierlo. Prima dello scoppio della pandemia le sue condizioni davano segni di miglioramento dopo un esordio in carcere drammatico. Ora i contatti tra lei e Giacomo sono diventati più difficili e incostanti. La sua condizione di fragilità è aggravata dal maggiore isolamento indotto dall’emergenza sanitaria. Le visite dei parenti nel penitenziario sono state interrotte e per Loretta Rossi Stuart è più complicato sondare lo stato d’animo di suo figlio.

In carcere la tensione è alta e si sussulta per ogni notizia di nuovi contagiati tra i detenuti o nel personale del penitenziario. Giovedì nel carcere di Bologna si è registrato il primo decesso: un uomo di 76 anni, accusato di associazione mafiosa e in attesa di giudizio, è deceduto. 

Il rischio di contagio è amplificato dalle scarse condizioni igieniche, dalla limitata assistenza medica e dalle gravi patologie che già circolano tra la popolazione carceraria tra cui HIV e tubercolosi.

“La sensazione dell’incapacità a praticare quegli strumenti di cautela e di prevenzione del contagio che ci vengono raccomandati a tutti è anche la sensazione che dà a chi è ristretto un senso di maggiore angoscia – ci dice al telefono il Garante nazionale dei diritti dei detenuti Mauro Palma. Un senso che forse è anche alla base di tante situazioni di tumulto, di tensioni, di gran vociare fino ad arrivare ai deprecabili episodi di violenza delle settimane scorse”.

“Precauzioni che vanno ampliate”

“I numeri dei detenuti contagiati sono molto contenuti, siamo sotto le 20 persone [l’intervista a Palma è stata fatta prima del decesso registrato a Bologna, ndr] – continua Palma – ma questo non ci deve far stare tranquilli perché innanzitutto ci sono diverse situazioni riportate di contagio di personale sanitario. Sappiamo bene come i sanitari siano esposti, avendo anche altre attività mediche in prima linea all’esterno degli istituti carcerari e quindi a rischio di aver contratto la malattia. Poi non dobbiamo stare tranquilli anche perché il contagio si diffonde con facilità e i numeri carcerari oggi in Italia non permettono di dare al termine isolamento il vero significato”.

“Sono state prese delle precauzioni che vanno sicuramente ampliate – conclude il Garante – ma potranno essere ampliate soltanto se i numeri dei detenuti in carcere diminuiranno. Un carcere meno denso permette anche di avere delle misure più accurate. Un carcere così fitto rende difficile tutto, ecco perché il governo deve varare provvedimenti più significativi sulla riduzione dei numeri del carcere”.

Finora sono circa 200 i detenuti che sono usciti dai penitenziari di tutto il Paese grazie agli effetti del decreto di contrasto alla pandemia cosiddetto ‘cura Italia’. Un numero molto basso rispetto alla popolazione carceraria che conta circa 58’000 persone e rispetto ad un sovraffollamento degli istituti di pena stimato in ben oltre 10’000 presenze.

La Garante dei detenuti per la provincia di Roma Gabriella Stramaccioni ci descrive l’emergenza in cui versano le carceri della capitale.


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