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Calais, scontri durante lo sgombero della ‘giungla’

Il ministro Cazeneuve: l'attivismo di pochi non fermerà lo smantellamento; intanto al confine Grecia-Macedonia restano bloccati 7 mila profughi

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È stata una notte di alta la tensione a Calais, dove le operazioni di sgombero della parte Sud del campo profughi sono degenerate in scontri con la polizia.

Il ministro dell’interno francese Bernard Cazeneuve, martedì mattina, ha affermato che l’attivismo di pochi militanti non fermerà lo smantellamento della più grande tendopoli d’Europa, dove sono bloccati migliaia di migranti che attendono di poter raggiungere il Regno Unito.

Lo sgombero era iniziato lunedì mattina nella relativa calma, con i rifugiati lì a guardare a distanza. Poi, nel pomeriggio, sono iniziati i veri e propri scontri tra polizia, attivisti e migranti.

Prima il lancio di pietre, poi gli alloggi di fortuna a cui viene appiccato il fuoco. Le forze dell’ordine rispondono coi lacrimogeni. Lo smantellamento viene interrotto, i disordini continuano, circa 150 rifugiati escono dal campo e iniziano a prendersela con i veicoli diretti in Inghilterra.

L’Inghilterra, destinazione a cui molti di loro ambiscono tanto da rifiutare qualsiasi altro collocamento nei centri sparpagliati in tutta la Francia.

“Facciamo un lavoro fondo tra i migranti per offrire loro degli alloggi alternativi” dice Etienne Desplanques, responsabile operazioni della Prefettura di Pas-De-Calais. “Non ci sono migranti che non possono aver un altro posto dove andare e con condizioni migliori di queste”.

I migranti, sostenuti da attivisti “no border”, in Francia non vogliono restare. Lo sa il Belgio, che prima dello sgombero ha ripristinato i controlli alle frontiere una settimana fa e che ha respinto finora 619 potenziali richiedenti asilo.

Intanto, anche il confine tra Grecia e Macedonia continua a preoccupare. Là restano bloccati circa 7 mila migranti, ammassati in condizioni precarie e sotto la pioggia. Lunedì, solo in 30 hanno potuto varcare la frontiera, tuttora sbarrata, ma il problema si riproduce all’infinito poiché ogni giorno ne arrivano a centinaia.

Martedì, il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk è arrivato a Vienna; prima tappa di un viaggio nei paesi della rotta dei balcani occidentali per tentare di creare un consenso circa le soluzioni alla crisi. E questo anche in vista di un altro determinante vertice. Quello di lunedì prossimo tra Unione europea e Turchia.

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