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Attingere all’immigrazione per sopperire al fabbisogno di manodopera

In Italia, la mancanza di manodopera si fa sentire in diversi settori. L'edilizia, uno dei più colpiti, punta sulla formazione dei rifugiati.

I primi 20 immigrati provenienti dall’Africa, formati dalla Scuola Edile dell’Aquila in settembre, sono al lavoro da qualche settimana nei cantieri in Abruzzo. Altrettanti stanno ultimando in questi giorni la formazione e saranno presto impiegati, con contratto regolare e ben remunerato, nelle 1’000 aziende dell’Ance, la principale organizzazione dei costruttori diffusa su tutto il territorio nazionale.

Il progetto, unico nel suo genere, nasce la scorsa primavera con il duplice obiettivo di favorire l’integrazione e l’inserimento lavorativo nell’edilizia, il settore maggiormente in crescita in questo momento e alla ricerca disperata di manodopera.

Promosso dall’UE e accolto dal precedente Governo, il progetto si è realizzato mediante l’accordo tra costruttori, sindacati e la Confederazione nazionale delle Misericordie d’Italia che hanno unito gli sforzi per formare 3’000 operai edili, tra migranti presenti in Italia e stranieri da selezionare nei loro Paesi d’origine. Il Campus dell’edilizia dell’Aquila, è la prima scuola di settore ad aver predisposto la loro formazione attraverso corsi di 80 ore, tra teoria e pratica in laboratorio, in cui s’insegnano le nozioni basilari del mestiere e l’accurata conoscenza delle norme di sicurezza per iniziare a lavorare in cantiere. In seguito, gli operai interessati hanno la possibilità di accedere ai corsi di specializzazione.

Il contributo dell’immigrazione al settore dell’edilizia è destinato a crescere. L’Ance prevede la mancanza di 65’000 figure professionali nel breve periodo, tra tecnici e operai di ogni livello, irreperibili sul mercato del lavoro e nelle scuole professionali.

La situazione è destinata a peggiorare nel medio e nel lungo periodo, vista la rapida espansione del settore innescata dagli ingenti incentivi statali introdotti all’inizio del 2020, cui si sono aggiunti 200 miliardi di euro di fondi europei del Pnrr che dovranno essere spesi in tempi contingentati.

Almeno 100’000 lavoratori e lavoratrici

Il fabbisogno di forza lavoro è in crescita in tutti i settori. Secondo alcune stime servono almeno 100’000 stranieri e straniere per sorreggere l’economia italiana.

Le associazioni di categoria considerano il dato ottimista. Confcommercio ha registrato la perdita di 200’000 impiegati e impiegate rispetto a prima della pandemia. Il settore ricettivo, durante la stagione estiva, si è trovato con un milione di posti di lavoro vacanti. L’agricoltura sta fronteggiando i nuovi raccolti con 100’000 persone in meno.

Gli immigrati e le immigrate regolari in Italia sono poco più di 5 milioni ma incidono molto sulla forza lavoro. Contano tra il 16 e il 18% del personale nei lavori più gravosi che già da molti anni non attraggono più le nuove generazioni di italiani e italiane. Inoltre, producono un fatturato di 144 miliardi di euro, il 9% del PIL.

Il loro apporto nel totale degli occupati è calato dello 0,3% dal 2019 per gli effetti della pandemia. Una flessione, seppur minima, che ha mandato in tilt interi settori economici.

Altri sviluppi

L’immigrazione regolare è insufficiente

Oggi è difficile reintegrare la manodopera straniera. Le maglie dell’immigrazione regolare si sono ristrette molto con la legge Bossi-Fini del 2002 che impone a chi arriva in Italia di essere già in possesso di un contratto di lavoro. Un ostacolo cui si aggiunge la lentezza nella gestione dei flussi stabiliti annualmente dal Governo per decreto. 

Il decreto flussi del 2022 del governo Draghi, pur avendo raddoppiato il numero dei permessi di lavoro agli stranieri rispetto all’anno precedente, portandoli a 70’000, ha effettivamente introdotto in Italia circa 50’000 nuovi impiegati e impiegate, un numero insufficiente e in ritardo rispetto alle esigenze del mercato.

Una risorsa per il rilancio economico

L’edilizia è il primo settore a investire in modo strutturale nella formazione degli immigrati richiedenti asilo e beneficiari di protezione internazionale residenti in Italia. Si tratta di circa 50’000 persone, spesso indigenti che vivono principalmente del sussidio statale e di lavori informali, con scarse possibilità d’integrazione.

Tuttavia, per ora almeno in edilizia, iniziano a essere considerati una risorsa che può contribuire al rilancio economico dell’Italia, dopo le brusche frenate dovute alla pandemia e alla guerra.

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