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“Tanko” dei serenissimi: un golpe da ridere (ma non troppo)

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di Aldo Sofia

Il “golpe dei mona”. E se questo titolo campeggia sulla prima pagina del berlusconiano “Il Giornale” – che a lungo si fece interprete anche delle sirene dello “strappo” padano – c’é davvero da sghignazzare sull’arresto dei secessionisti veneti, che preparavano “il botto” rivoluzionario con un altro “tanko”, il mitico trattore travestito da carro armato, rinnovata versione dell’arma suprema con cui i “serenissimi” già diedero l’assalto al campanile di Piazza San Marco nel 1997.

Ai meno giovani verrà in mente l’indimenticabile, ilare e surreale “Vogliamo i colonnelli”, film di Mario Monicelli, con il camerata Beppe Tritoni che visita i luoghi dell’improbabile “golpe” della guardia forestale agli ordini del generale De Lorenzo e del colonnello Amos Spiazzi. Gustosa e acuta satira politica di un cialtronismo finito a tarrallucci e vino.

Erano veri, anche se messi in farsa, i fatti raccontati con la magistrale interpretazione di Ugo Tognazzi, nella stagione dei servizi deviati, dei depistaggi, e delle stragi “nere”. E ridicolmente veri sono purtroppo quelli che hanno fatto scattare le manette ai polsi dei 24 della sbilenca sbilenca armata dei congiurati veneti. A leggere le intercettazioni telefoniche – che sembrano sbruffante da bar – ci si può chiedere se i magistrati dovessero proprio “martirizzarli” (anche solo agli occhi dei seguaci) mettendoli ai ferri, oppure se non sarebbe bastato renderle pubbliche, quelle conversazioni, per seppellirli sotto una grande risata.

Ma se si tratta di preparare armi, di predisporre candelotti di dinamite, di mettere in moto rudimentali blindati, e di rivolta violente, la giustizia deve pur fare la sua parte, e si vedrà. Inoltre, metterla tutta e unicamente sul ridere non sembra proprio il caso. Diciassette anni fa, il serenissimo e risibile blitz avveniva in un’Italia non ancora impaludata nella sua peggior crisi economica del dopoguerra. Oggi i veleni del disagio sociale, dell’antipolitica, del discredito delle istituzioni possono formare un cocktail contagioso. O servire strumentalmente. Dopo l’assalto a Piazza San Marco del ’97, i secessionisti veneti vennero espulsi dalla Lega di Bossi. Ora la stessa Lega – fallito il progetto federalista, in attesa del processo sugli scandali che ne hanno stravolto i vertici, riappropriatasi della parola d’ordine indipendentista, e in vista delle europee come ultima spiaggia – scende in strada per difendere l’armata brancaleone dalla “repressione di Stato”. Mentre il governatore della Regione decide un referendum locale sull’indipendenza, dopo quello organizzato in rete (e senza verifiche di autenticità). Tutto serve, nel nome delle “piccole patrie”.

Ma forse ci vorrebbero ancora un Monicelli e un Tognazzi, e una pellicola dall’aggiornato titolo “Vogliamo i serenissimi”: non solo per sorridere, ma anche per evitare che altri soffino sul fuoco.

Aldo Sofia

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