La televisione svizzera per l’Italia

Nichi, Ted e “mamma cicogna”

Vendola con il compagno Testa ansa

di Aldo Sofia

È necessario partire con un chiarimento. Il progetto italiano di legge sulle unioni civili poi emendato della possibilità della “stepchild adoption” (la possibilità anche per le coppie gay di adottare il figlio del partner) non riguardava affatto la “maternità surrogata”, che sarebbe rimasta comunque fuorilegge. Ma gli oppositori della “adoption”, per vincere la loro battaglia, hanno spesso usato anche il tema della “surrogata”, ritenendo che la prima fosse una sorta di anticamera della seconda. E così hanno vinto quella che Angelino Alfano (incassando anche il primo successo politico personale da quando è nella maggioranza con Renzi) ha definito, con parole assai controverse, “la lotta per fermare una rivoluzione contro natura”.

Dibattito archiviato, allora? Nient’affatto. Non solo perché il partito del premier vuole lanciare un’iniziativa parlamentare per la revisione della legge sulle adozioni che potrebbe far rientrare la “stepchild” dalla finestra. Ma soprattutto a causa dell’annuncio con cui dalla California il leader della sinistra radicale Nichi Vendola (SEL) e il suo compagno Ed Testa hanno fatto sapere di essere diventati “genitori pazzi di gioia” di Tobia Antonio. Naturalmente ricorrendo alla “maternità surrogata” ( cioè una donna fecondata con seme e ovuli sia dalla coppia committente oppure di donatori e donatrici attraverso il concepimento in vitro”).

Lasciamo perdere gli immancabili rivoli di insulti e oscenità che hanno invaso la “rete”. E anche le reazioni – regolarmente precedute da quel benevolo “comunque benvenuto Tobia” – degli oppositori a matrimoni e adozione gay. A conferma di quanto sia delicato pianificare la nascita di un bambino attraverso una mamma surrogata c’è stata anche la frattura subito prodottasi all’interno del mondo progressista e femminista. Compatto sulla stepchild, diviso sulla surrogata. A cominciare della presidente della Camera, Laura Boldrini, al centro di infinite polemiche per le sue prese di posizione in difesa dei diritti delle donne e degli omosessuali: “Dubbiosa”, si è detta la Boldrini, di cui il leader di SEL è stato il … padre politico. Per non parlare di Beppe Grillo, che, a rischio di scontentare una parte non piccola della base pentastellata, s’è detto spaventato e contrario all’ “utero in affitto” (oltretutto strizzando l’occhio all’elettorato di destra), giudizio che il suo deputato più in quota, Di Maio, ha giustificato affermando che “non si può pensare di mettere il codice a barre sui bambini, per poterli comprare al supermercato”.

Non si sa se Vendola abbia pagato la mamma di Tobia (in alcuni paesi è lecito l’acquisto, in altri si può essere madri surrogate ma solo come gesto di solidarietà affettiva). Sta di fatto che questo argomento- la mercificazione del corpo delle donne- è il principale argomento degli anti-surrogate. Per dirla con Ritanna Armeni (che partecipò alla nascita del “Manifesto”): “Con l’utero in affitto fai della donna un elemento di scambio economico e vendi una relazione affettiva, perché fra il nascituro e il corpo femminile si crea una forte unione”. Insomma, diventare genitori non è un diritto a tutti i costi (come non lo è l’acquisto di un rene), così come “mercato e tecnica non possono governare e comprare tutto”.

Certo, problemi di riconoscimento genitoriale ci sono anche nelle coppie etero, ma proprio in questi giorni la storia americana dell’attrice Sherri Shepherd e di suo marito e star televisiva Lamar Sally porta acqua al mulino dei contrari all’utero in affitto. I due avevano fatto ricorso al seme di lui, agli ovuli di una donatrice, e l’embrione era poi stato trasferito nel corpo di una portatrice. Insomma, 4 “genitori”. Purtroppo al settimo mese di gravidanza Sherri e Lamar hanno divorziato. Lei ha dunque pensato di liberarsi anche del bebé sibilando all’ex marito: “È il tuo sperma e non il mio ovulo, quindi il neonato è tuo”. Ci ha dovuto pensare un giudice a imporle i suoi doveri di madre committente.

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