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Storie sul confine

Liliana Segre: “Per me la Svizzera non è stata terra di asilo”

La fuga verso la Svizzera, il respingimento, l'arresto e poi il campo di concentramento di Auschwitz. Oggi 87enne , la sopravvissuta all'Olocausto Liliana Segre ha parlato del suo viaggio disperato agli studenti venuti ad ascoltarla al Teatro degli Arcimboldi. 

“Anche io mi sono sentita clandestina, anche io sono stata respinta, e quella meravigliosa e accogliente Svizzera di cui si parla anche nel libro di Renata Broggini (“Terra d’asilo”, ndr) a me l’asilo non lo ha concesso”.

Parla così Liliana Segre, 87 anni e da pochi giorni nominata Senatrice a vita dal Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella.

L’occasione è un evento organizzato al Teatro degli Arcimboldi di Milano in vista del 27 gennaio, Giornata della Memoria per ricordare l’Olocausto e l’immane tragedia cui furono sottoposti gli ebrei, condannati ai campi di concentramento nazisti.

Una fuga disperata

Liliana Segre, nata in una famiglia ebrea, nel 1943 fu tenuta nascosta da amici di famiglia fino a quando, il 10 dicembre, con il padre Alberto e due cugini tentò la fuga in Svizzera per fuggire alla deportazione.

“Fu un viaggio in condizioni disperate – racconta la Segre innanzi alle centinaia di studenti accorsi al teatro meneghino – e quando pensavamo di avercela fatta un funzionario svizzero-tedesco, di cui mai ho voluto conoscere il nome, con totale assenza di umanità e sguardo colmo di disprezzo ci respinse”.

Per la tredicenne Liliana furono poche le ore che la separavano dalla prigionia: il giorno dopo il respingimento alla frontiera fu arrestata in provincia di Varese e il 30 gennaio del ’44 un treno partito dal tristemente noto Binario 21 della Stazione Centrale di Milano la condusse al campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau. 

Il tremore con cui Liliana Segre racconta ai giovani, così lontani da quegli anni, quanto capitatole è, certamente, il segno dell’età anziana ma anche e soprattutto del dramma, vivido, di cui il suo cuore è colmo, lei che dopo la deportazione non ha più rivisto la sua famiglia, uccisa nei campi nazisti (la madre era morta quando aveva appena un anno), e che una volta tornata in Italia ha a lungo dovuto fare i conti con un popolo che voleva dimenticare il dolore mentre lei viveva ancora il suo inferno interiore. 

75190

Un inferno da cui fisicamente uscì il 1 maggio del 1945, liberata dall’Armata Rossa, risultando essere parte di quegli appena 25 su 776 bambini italiani di età inferiore ai 14 anni che furono deportati al Campo di concentramento di Auschwitz.

Negli anni in cui ancora ci si interroga sulle cifre, dove si rincorrono le ricerche storiche su quanti ebrei la Svizzera aiutò a scappare dalla persecuzione nazista, i soli numeri che Liliana Segre ricorda bene sono 75190, ovvero la matricola che le SS le tatuarono sull’avambraccio.

Dopo decenni in cui la sopravvissuta all’Olocausto ha negato qualsiasi testimonianza, a partire dagli anni ’90 Liliana Segre si è resa disponibile per ogni evento riguardasse la Memoria di ciò che è stato. E oggi, a 80 anni esatti dalla promulgazione delle Leggi Razziali di Mussolini, la vedremo nel Senato Italiano per portare con sé una voce, politica sì, ma ricca di memoria. E dolore.

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