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Casi di coronavirus nelle scuole, una prassi che suscita polemica

bambini davanti a un lavabo
Lavarsi regolarmente le mani è ormai diventato un gesto consueto, ma rispettare la distanza di due metri è un po' più difficile. Keystone / Laurent Gillieron

Nel canton Vaud, i contagi da Covid-19 sono annunciati agli insegnanti e alle famiglie degli altri allievi solo a partire da due casi nella stessa classe. Una procedura che non piace a molti docenti e genitori.

La direttiva emanata dal Dipartimento dell’istruzione e dal medico cantonale è lungi dal fare l’unanimità nel cantone della Svizzera romanda. Dalla riapertura delle scuole l’11 maggio, le autorità scolastiche devono infatti comunicare a genitori, allievi e insegnanti eventuali contagi solo a partire da due casi nella stessa classe.

Se invece un solo allievo è testato positivo, non viene fatta alcuna comunicazione ai compagni di classe, poiché “non sono considerati come persone che hanno avuto stretti contatti”, viste le regole di distanziamento adottate dagli istituti scolastici.

“Due metri quasi impossibili da rispettare”

È soprattutto questa frase a suscitare polemica. “Affermare che non ci sono contatti stretti, non corrisponde alla realtà. La distanza di due metri preconizzata dall’Ufficio federale della sanità pubblica è quasi impossibile da rispettare con delle classi dimezzate [in un primo tempo gli allievi vanno a scuola in modo alternato, ndr] e lo sarà ancor di meno quando le classi saranno al completo”, ha dichiarato al giornale La Liberté il presidente della Società pedagogica vodese Gregory Durant.

Per il medico cantonale Karim Boubaker, intervistato dallo stesso quotidiano, questa decisione è il risultato di una “ponderazione degli interessi”. Mettere un’intera classe in quarantena per un solo caso, quando i bambini sono “poco a rischio” e non rappresentano il principale vettore del contagio, è eccessivo.

Da sottolineare che dall’11 maggio il cantone ha registrato un solo allievo positivo asintomatico.

Vaud non è l’unico cantone a seguire una prassi simile. Le norme federali non stabiliscono infatti quando bisogna informare. “Ci possono quindi essere cantoni che informano dopo due casi, o addirittura tre”, spiega alla Radiotelevisione svizzera Rudolf Hauri, presidente dell’Associazione dei medici cantonali, che in parte difende la decisione vodese, pur sottolineando che la sua opinione personale è piuttosto di informare rapidamente.

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In Ticino “la valutazione avviene caso per caso”, sottolinea dal canto suo il medico cantonale Giorgio Merlani. “Soprattutto tra i bambini piccoli la probabilità di ammalarsi è molto bassa e quando ci si ammala il rischio di complicazioni è estremamente basso – prosegue Merlani – quindi l’Ufficio federale [della sanità pubblica, ndr] ha ritenuto che un unico caso di bambino che dovesse ammalarsi non dovrebbe per forza portare a una chiusura completa della classe”.

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