Zurigo terza città al mondo per rischio bolla immobiliare

Zurigo figura fra le città mondiali a maggiore rischio di bolla immobiliare, subito dopo Miami e Tokyo.
(Keystone-ATS) È la conclusione a cui giungono gli esperti di UBS nell’ambito della loro analisi annuale Global Real Estate Bubble Index, che ha preso in considerazione 21 agglomerati.
Sulle rive della Limmat i prezzi di acquisto delle abitazioni sono ora superiori del 60% rispetto a dieci anni fa, con valori immobiliari cresciuti il doppio rispetto agli affitti e cinque volte rispetto ai redditi, sottolineano gli analisti della grande banca. I livelli di prezzo elevati in città continuano a spingere la domanda verso i comuni suburbani più accessibili.
Zurigo presenta anche il rapporto prezzo/affitto più alto tra le città dello studio, compensando solo marginalmente gli investitori per i rischi a lungo termine. Non si intravede comunque un punto di svolta nel mercato immobiliare, poiché i costi di finanziamento rimangono bassi e Zurigo continua ad attrarre un flusso costante di aziende internazionali.
Nel dettaglio, il maggiore rischio di bolla viene riscontrato a Miami (l’indice è a 1,73 punti), città americana tallonata da Tokyo (1,59) e Zurigo (1,55). Più staccate ma con pericolo sempre accentuato si trovano anche Los Angeles (1,11), Dubai (1,09), Amsterdam (1,06) e Ginevra (1,05). I rischi vengono considerati moderati a Toronto, Sydney, Madrid, Francoforte, Vancouver, Monaco di Baviera e Singapore. Sempre in base all’indice, Hong Kong Londra, San Francisco, New York, Parigi, Milano e San Paolo sono invece poco esposte a una bolla.
I maggiori aumenti dell’indicatore rispetto all’anno scorso sono stati registrati da Dubai e da Madrid. Ma in generale i mercati immobiliari globali si sono raffreddati. “L’euforia diffusa si è attenuata, con il rischio medio di bolla nelle grandi città in calo per il terzo anno consecutivo”, osserva Matthias Holzhey, autore principale dello studio, citato in un comunicato. Le città segnalate come ad alto rischio nel 2021, come Francoforte, Parigi, Toronto, Hong Kong o Vancouver, hanno visto una diminuzione media dei prezzi reali di quasi il 20% dai massimi, a seguito dell’aumento dei tassi d’interesse negli anni successivi. In confronto, i prezzi corretti per l’inflazione nelle città con minori squilibri sono diminuiti in media di circa il 5%.
Alcune località si sottraggono però a questa tendenza. Negli ultimi cinque anni, Dubai e Miami sono state in testa con una crescita media dei prezzi reali di circa il 50%. Tokyo e Zurigo seguono, con una progressione rispettivamente del 35% e quasi del 25%. In confronto all’anno scorso, Madrid ha registrato l’incremento reale dei prezzi più forte tra tutte le realtà analizzate, con un aumento del 14%.
Hong Kong è la città meno accessibile per un abitante che vuole diventare proprietario: richiede circa 14 anni di reddito per acquistare un appartamento di 60 mq. Il costo degli immobile si è anche distaccato dai redditi locali a Tokyo, Parigi e Londra, dove il rapporto prezzo/reddito supera il fattore 10. In generale, per un lavoratore qualificato, lo spazio abitativo finanziariamente accessibile è in media di circa il 30% più piccolo rispetto al 2021.
Quando la proprietà immobiliare diventa troppo costosa per i cittadini spesso vengono introdotte ulteriori regolamentazioni, mette in guardia UBS. “Regole più severe, dalle nuove tasse ai divieti di acquisto fino alle misure di controllo degli affitti, hanno ridotto l’attrattiva di mercati un tempo molto richiesti come Vancouver, Sydney, Amsterdam, Parigi, New York, Singapore e Londra”, spiega un altro autore della ricerca, Maciej Skoczek, a sua volta citato nel documento per la stampa.
Secondo UBS però il continuo – e probabilmente insostenibile – aumento del debito pubblico potrebbe dare nuovo slancio al mercato immobiliare negli anni a venire. In un periodo di “repressione finanziaria” aumenta infatti la domanda di attivi con rendimenti reali positivi come gli immobili. Nel breve termine si prevede che le banche centrali ridurranno i tassi di riferimento entro il 2026, abbassando gradualmente i costi reali di finanziamento. L’offerta limitata nella maggior parte dei centri urbani sostiene inoltre ulteriori aumenti dei prezzi.