ZH: coppia alla sbarra per abusi su “schiave domestiche”
(Keystone-ATS) Promettevano a giovani donne straniere un’istruzione e un permesso di soggiorno – che non avrebbero mai ottenuto- per poi rinchiuderle in una gabbia e renderle schiave domestiche.
Uno svizzero e sua moglie filippina dovranno oggi difendersi davanti alla Corte distrettuale di Andelfingen (ZH): su di loro pendono le accuse di tratta di esseri umani e di sequestro di persona.
Al 46enne, che secondo l’accusa ha spiccate tendenze sadiche, i giochi di ruolo sado-masochistici consensuali non bastavano: voleva controllare completamente le donne, legarle e chiuderle in una gabbia contro la loro volontà. Assieme alla moglie, che lo aiutava, aveva attirato una filippina di 22 anni e una 30enne brasiliana offrendo loro false promesse, come quella di un permesso di soggiorno e un’istruzione.
Nel primo caso, alla donna asiatica era stata offerta l’iscrizione a una scuola in cui avrebbe imparato la geografia e la gastronomia elvetica. Caduta nella trappola, la 22enne è stata poi costretta a lavorare come domestica per sei giorni su sette (con reperibilità a tutte le ore del giorno) per 800 franchi al mese e a vivere in condizioni disumane: era rinchiusa in una gabbia di due metri quadrati senza finestre con un secchio come gabinetto.
L’uomo la incatenava e vessava praticamente tutti i giorni, dicendole che si trattava di un requisito della scuola, e la metteva alla prova con dei test per cui erano previste punizioni corporali nel caso in cui la giovane donna non avesse raggiunto un buon risultato. La malcapitata è riuscita a fuggire dopo 10 mesi.
Nel 2019 l’imputato, attivo nel ramo informatico, aveva reclutato una seconda “schiava domestica”, ossia la 30enne di cui sopra. Alla brasiliana egli aveva promesso la possibilità di frequentare “lezioni di tedesco al massimo livello”, attirandola con uno pseudonimo e fotografie che mostravano una bella casa con piscina. La sventurata è stata “schiava” della coppia da fine giugno a metà luglio 2019, quando è stata liberata dalla polizia in seguito alla denuncia sporta dalla 22enne asiatica.
Dato che il 46enne originario di Winterthur ha confessato, il processo si svolgerà secondo la formula del rito abbreviato. La sua tesi è che le donne hanno fornito il loro consenso quando hanno firmato il contratto. Se il Tribunale dovesse accettare quanto promosso dall’accusa, l’uomo riceverà una pena detentiva di 36 mesi, di cui nove da scontare e, dato che ne ha già trascorsi cinque in carcere, gliene rimarranno altri quattro. Oltre a questo il “padrone di casa” ha già versato alle due vittime un risarcimento complessivo di 16’000 franchi.
Alla sbarra anche la moglie, 32enne di nazionalità filippina, a cui era affidata la responsabilità del controllo delle “schiave”. Nei suoi confronti l’accusa ha promosso una pena detentiva di 10 mesi con la condizionale per il reato di complicità, nonché l’espulsione dalla Svizzera per 5 anni.