Zelensky dal Papa e Scholz,’pace vicina ma servono armi’
(Keystone-ATS) Volodymyr Zelensky chiude 48 ore di incontri in quattro capitali europee, Roma compresa, confermando che Kiev ha in mente una timeline per la fine della guerra, nel piano della vittoria presentato a Starmer, Rutte, Macron, Meloni e Scholz.
“Imporre alla Russia la pace potrebbe già succedere l’anno prossimo, nel 2025”, ha ribadito il presidente ucraino parlando da Berlino.
Per attuarlo però serve tutto l’aiuto possibile, soprattutto militare, da parte degli alleati che seppure uniti nel proclamare “sostegno incrollabile” alla lotta ucraina contro l’invasore russo non trovano unità nel fornire quelli che sono i punti chiave della sua roadmap: il permesso di attaccare la Russia in profondità con le armi occidentali, e passi concreti per l’ingresso dell’Ucraina nella Nato.
La terza giornata di tour europeo di Zelensky – partito mercoledì in Croazia e proseguito a Londra, Parigi e Roma – è iniziata con l’udienza da Papa Francesco per affrontare alcuni temi particolarmente cari agli ucraini: la “situazione umanitaria” della popolazione e “il ritorno a casa dei prigionieri” in Russia. Ma l’incontro in un Vaticano blindatissimo per l’occasione è stato anche un momento per parlare della guerra e “di come metterle fine, portando ad una pace giusta e stabile”.
Kiev ha un piano ben preciso per farlo, illustrato alle cancellerie europee proprio in questi giorni: il presidente ucraino innanzitutto ha bisogno di certezze sul sostegno militare. E con la grande incognita sul futuro dell’aiuto americano, affidato alle urne presidenziali di novembre, Zelensky cerca unità dagli altri partner. Dopo aver discusso con la premier italiana Giorgia Meloni “della preparazione di un nuovo pacchetto di difesa” italiano per l’Ucraina, a Berlino il presidente ucraino ha ottenuto dal cancelliere tedesco Olaf Scholz l’annuncio di un “ulteriore pacchetto di aiuti militari” in collaborazione con Belgio, Danimarca e Norvegia, “per un valore di 1,4 miliardi di euro”.
La Germania, ha poi voluto sottolineare Scholz, “è prima sostenitrice in Europa dal punto di vista militare e il secondo nel mondo. E questo resterà così”, ha assicurato il cancelliere, in un chiaro riferimento alle polemiche scatenate in patria dal taglio del budget tedesco per gli aiuti militari a Kiev previsto per il 2025. A rilanciare la questione ci ha pensato anche Zelensky: “È molto importante che questo sostegno vada avanti”, ha detto il leader ucraino accanto a Scholz. “Dovremmo già pensare al prossimo anno, e fare in modo che resti a questo livello”.
Le armi restano un passaggio chiave nel piano ucraino ‘per la vittoria’, che si propone come ponte per raggiungere un secondo vertice per la pace al quale invitare anche Mosca, stavolta con l’Ucraina in una posizione di maggior forza. Secondo Scholz, Mosca “dovrebbe prendere parte alla prossima conferenza di pace”. Ma la proposta di un negoziato, a queste condizioni, resta irricevibile per il Cremlino, che mantiene i suoi obiettivi. E che declina – secondo Berlino – qualunque apertura al dialogo: “Putin si rifiuta di accettare la pace e ogni giorno invia un altro segnale a favore della guerra. Oggigiorno, non è nemmeno più disposto a parlare al telefono con il cancelliere tedesco”, ha riferito la ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock, mentre da parte sua a inizio ottobre il Cremlino aveva negato qualunque tentativo di colloquio da parte di Scholz.
Di fronte a questo quadro, Zelensky continua a puntare sul suo piano che mira a un vantaggio sul terreno, spingendo sull’operazione nel Kursk. Ma per quanto reggerà la presenza ucraina oltreconfine non è dato sapere: per rafforzarsi, Mosca ha schierato 50’000 truppe nell’oblast russo, ha riferito il comandante delle forze ucraine Oleksandr Syrsky.
Intanto, i soldati russi avanzano inesorabilmente nell’est ucraino a colpi ormai di villaggi catturati quotidianamente, l’ultimo quello di Ostrivske, nel Donetsk. Nel frattempo, Putin stringe i legami con gli alleati. E prima di incontrare in Turkmenistan l’omologo iraniano Pezeshkian – al quale ha ribadito “la priorità” dei rapporti tra Teheran e Mosca – lo zar ha lanciato un monito a tutto il mondo occidentale: “La formazione di un nuovo ordine mondiale è un processo irreversibile”.