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Von der Leyen, ‘Kiev in rosso, servono 70 miliardi’

Keystone-SDA

Tre opzioni e un assioma: evitare che l'Ucraina vada in bancarotta. Ursula von der Leyen ha inviato ai 27 governi comunitari l'attesa lettera in cui ha illustrato le tre strade da seguire per i finanziamenti a Kiev per il prossimo biennio.

(Keystone-ATS) Forte del mandato del Consiglio europeo di fine la presidente della Commissione ha cominciato da un assunto: all’Ucraina servono 70 miliardi nel 2026, 64 nel 2027, visto che “dovrà comunque affrontare un enorme deficit che non potrà essere colmato senza l’iniezione di nuovi fondi”. Sul come far arrivare i finanziamenti si deciderà da qui al summit Ue di dicembre. Ma il l’opzione A, sulla quale von der Leyen non sembra voler arretrare, resta la stessa: l’uso degli asset russi congelati.

La lettera della presidente della Commissione è arrivata alle 27 cancellerie proprio mentre il presidente ucraino Volodymyr Zelensky firmava lo storico accordo sulla difesa con Emmanuel Macron.

Del resto, se sul piano bilaterale diversi Paesi Ue stanno continuando a sostenere l’Ucraina, sul piano comunitario si rischia di entrare in un rischioso stallo, alimentato dai veti di Viktor Orban. “Dare più fondi a Kiev è come dare della vodka ad un alcolizzato”, ha replicato, sprezzante, il premier magiaro. Sul fronte opposto, i Paesi del fianco Est. “La Russia resterà una minaccia a lungo termine per l’Europa. Helsinki giocherà un ruolo dell’aumento degli investimenti nella difesa”, ha sottolineato il presidente finlandese Alexander Stubb invitando tutti i Paesi Ue a sostenere Kiev in una “modalità finnica”.

Stubb, a Bruxelles, oltre a von der Leyen e al segretario generale della Nato Mark Rutte, ha visto anche il primo ministro belga Bart De Wever, l’uomo del gran rifiuto sull’uso degli asset, preoccupato dalle ripercussioni finanziarie su Euroclear, la società belga che detiene gran parte dei beni russi congelati. Ed è al Belgio, soprattutto, che von der Leyen si rivolge nella lettera sul punto delle garanzie in campo sull’uso degli asset russi.

Quelle fornite dagli Stati membri sarebbero “giuridicamente vincolanti, incondizionate, irrevocabili e su richiesta, basate sullo schema del Reddito nazionale lordo”, si legge nella missiva, che precisa come tali garanzie “riguarderebbero anche i rischi derivanti dai trattati bilaterali di investimento legati al congelamento dei beni sovrani russi, anche dopo la revoca del congelamento dei beni stessi”.

Le altre due opzioni citate sono quelle circolate nei giorni scorsi: un sostegno finanziato dagli Stati membri tramite sovvenzioni, un prestito a ricorso limitato finanziato dall’Unione tramite indebitamento sui mercati finanziari. Il punto chiave, per von der Leyen, è che le prime erogazioni scattino nel secondo trimestre del 2026 e che l’aiuto a Kiev non ne appesantisca ulteriormente gli oneri fiscali.

Da qui al vertice dei 27 von der Leyen non dovrà trovare solo una quadra sui prestiti di riparazione a Kiev, ma dovrà metter ordine nella costruzione del sistema anti-droni. Alcuni Paesi, come la Polonia, hanno scelto di non attendere l’Ue. La mole di droni necessaria (nella portata dei milioni) impone all’Europa una corsa contro il tempo. Al momento – è il dato chiaro anche a Bruxelles – l’Ue non è pronta.

E gli attacchi ibridi di Mosca non appaiono finire, come potrebbe dimostrare il sabotaggio di domenica alla tratta ferroviaria Varsavia-Lublino”. L’Europa deve urgentemente potenziare la capacità di proteggere i nostri cieli e le nostre infrastrutture. La Polonia è il maggiore investitore in difesa in Europa e sarà il maggiore beneficiario dello strumento Safe”, ha sottolineato von der Leyen. Toccherà a lei trovare l’equilibrio tra gli appetiti industriali di Paesi come la Francia, il rapporto con i contributi alla Nato e le difficoltà di gestire un settore, quello della difesa, sul quale la competenza resta delle singole capitali.

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