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Verso accordo alla NATO, “il 5% sarà entro il 2035”

Keystone-SDA

L'accordo per portare le spese in difesa e sicurezza della NATO al 5% del Pil - come chiede Donald Trump e come richiede la nuova realtà europea dove non si è in guerra ma nemmeno in pace - è a un passo

(Keystone-ATS) Tutti gli alleati, essenzialmente, hanno firmato e ora si sta negoziando sui dettagli. L’alleanza tra Italia e Regno Unito ha portato i suoi frutti e l’orizzonte per arrivare al fatidico 5% sarà con tutta probabilità il 2035, dunque 10 anni pieni. E senza obblighi intermedi, con piena flessibilità. Non solo. Si va pure verso una clausola di revisione al 2029, legata agli obiettivi di capacità. Insomma, vittoria a mani basse della coalizione dei prudenti. Peccato che nemmeno così la Spagna di Pedro Sanchez sia in grado d’impegnarsi, finendo così sulla graticola del pre-vertice.

“Da un certo punto di vista mostra quanto gli alleati stiano prendendo sul serio la situazione, consapevoli che qui non si tratta di promesse vuote ma di accordi vincolanti”, nota una fonte diplomatica alleata. Scordiamoci dunque il summit del Galles del 2014, quando le capitali firmarono la dichiarazione sul 2% e poi non accadde nulla sino all’invasione dell’Ucraina.

Sanchez ha serie difficoltà e lo testimonia la lettera inviata al segretario generale Mark Rutte in cui definisce l’obiettivo del 5% “non solo irragionevole ma anche controproducente”. Ora, come ormai dovrebbe essere noto, questo benedetto 5% in realtà è spezzato in due “contenitori” diversi: da una parte un 3,5% in difesa classica (tank e obici, per capirsi) e un 1,5% in sicurezza più ampia. La somma degli addendi permette a Trump di dichiarare vittoria e mostrare ai MAGA lo scalpo dell’Europa scroccona, debitamente strigliata. Al tempo stesso, gli europei (e i canadesi) potranno evitare di dissanguarsi – il 5% duro e puro è semplicemente irrealizzabile – e di vendere alle proprie opinioni pubbliche (alcune, ad esempio in Italia, alquanto recalcitranti) un’opzione ben più potabile.

I negoziati sulla definizione di cosa conteggiare in quell’1,5% si sono conclusi e si parla di “infrastrutture, cyber, ibrido e resilienza”. Traduzione? “Tutto ciò che concorre alla sicurezza nazionale”, spiega un’altra fonte. In pratica persino il ponte sullo Stretto di Messina potrà rientrare, tant’è vero che, sul punto, persino la Spagna si è detta d’accordo. Il problema per Sanchez – ma non solo, va detto – è il contenitore del 3,5%. Secondo le stime dei militari di Madrid gli obiettivi di capacità assegnati alla Spagna dalla NATO verrebbero raggiunti già con il 2,1% e dunque andare oltre è una scelta “legittima” ma nulla più. Sanchez, stringi stringi, chiede una deroga. Peccato che il pegno da pagare sia politicamente ed economicamente costoso unicamente per la Spagna.

Tra le fila di chi annaspa, oltre all’Italia, ci sono appunto il Canada, il Belgio, il Lussemburgo e persino la Francia, benché non lo voglia ammettere pubblicamente. In tutto questo poi gli USA premono pesantemente: vogliono l’accordo entro il fine settimana (in teoria entro domani) altrimenti Trump potrebbe disertare il vertice dell’Aja, con conseguenze facilmente immaginabili. L’ipotesi che si sta facendo largo in queste ore è d’inserire nel comunicato finale un riferimento al raggiungimento degli obiettivi di capacità in aggiunta al famoso target del 5% (permettendo così a Sanchez un margine di ambiguità). Il risultato, in generale, sarebbe comunque storico. Gli occhi sono ora puntati su Rutte e le sue capacità negoziali.

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