Usa-Cina verso la proroga sui dazi, ‘decide Trump’

Usa e Cina continuano il loro dialogo accidentato sul commercio.
(Keystone-ATS) Al termine della due giorni di negoziati nella quiete di Stoccolma, in Svezia, le parti hanno concordato sugli sforzi per “continuare a premere per proseguire la tregua” sui dazi, ha affermato il rappresentante per il Commerciale internazionale mandarino Li Chenggang, giudicando i colloqui “franchi, costruttivi e approfonditi”.
Mentre il segretario al Tesoro americano Scott Bessent ha chiarito che per l’estensione della tregua “è necessario prima parlarne” con il presidente Donald Trump, ventilando in caso di diniego, dopo la scadenza del 12 agosto, un ritorno dei dazi al livello del “2 aprile o altro”.
Il tycoon, intanto, ha stretto giro ha riferito di aver parlato con Bessent e di aver appreso che “c’è stato un ottimo incontro con il team cinese per il commercio”, parlando a bordo dell’Air Force One, in volo dalla Scozia e diretto a Washington. Anche perché, come mai avvenuto finora, il segretario al Tesoro ha scandito in conferenza stampa che adesso “abbiamo una comprensione molto più chiara dell’agenda cinese”, anticipando come “probabile” un nuovo incontro entro i prossimi 90 giorni con la parte cinese, verso cui ha espresso tutto il disappunto americano per gli acquisti da parte di Pechino del “90 del petrolio iraniano”.
Sul greggio russo, invece, “ho anche detto alle nostre controparti che in base alla legislazione americana sui dazi secondari, la Cina potrebbe affrontare tariffe elevate se continua al acquistarlo”, ha precisato il segretario al Tesoro.
Il tycoon, tra l’altro, ha sparigliato le carte prima dell’avvio della secondo giorno negoziale, respingendo le insinuazioni secondo cui stava cercando un incontro con il suo omologo cinese Xi Jinping, per strappare il quale avrebbe accettato di allentare la stretta sui microchip verso Pechino e addirittura rifiutato lo scalo a New York del presidente di Taiwan, William Lai, in un viaggio verso gli ultimi alleati in America del sud e centrale.
Sulla sua piattaforma social Truth, Trump ha insistito lunedì sera con toni piccati sul fatto di non “cercare” un vertice con Xi, ma di poter andare in Cina su invito del leader cinese, “che è stato rinnovato. Altrimenti, nessun interesse!”. Ma sempre Trump ha detto, sull’Air Force One, di essere convinto che Xi “vuole l’incontro. Penso che accadrà entro fine anno”.
Bessent, sul punto, ha riferito che “non c’è stata alcuna discussione su un possibile incontro” tra i due presidenti, ricordando che l’invito di Xi a Trump a recarsi in Cina era stato già esteso nella loro telefonata avuta a inizio giugno.
Per il resto, ci sono “altri approfondimenti tecnici” da fare (non c’è accordo sui controlli all’export Usa, mentre procede il miglioramento del meccanismo cinese di spedizione delle terre rare), ha detto da parte sua il rappresentante per il Commercio americano, Jamieson Greer, che ha stimato per il 2025, grazie all’amministrazione Trump, un deficit commerciale americano verso la Cina inferiore di almeno 50 miliardi di dollari rispetto al 2024.
Restano, comunque, irrisolti tutti i punti strutturali: gli squilibri globali della Cina “sono insostenibili, altre economie in via di sviluppo alzeranno le barriere dei dazi”, perché “il Sud globale non può più assorbire la produzione in eccesso cinese”, ha ammonito Bessent. Resta da capire se Pechino provvederà alle sperate correzioni di rotta.