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Un giorno con Sabota

A Verbania, in Piemonte, una mostra ha celebrato lo street artist Sabota che, come il britannico Banksy, lavora con la tecnica dello stencil. Ci ha spiegato ciò che, per lui, significa street art e fatto vedere come si fa.

«Nel nostro mondo non c’è nulla di più tutelato della proprietà privata, nemmeno l’ambiente o i diritti umani. I muri stessi sono proprietà privata, perciò non possono essere violati. Disegnarci sopra un graffito? Molti risponderebbero “Vai a farlo sul muro di casa tua”. È inevitabile che, da queste premesse, possa nascere un conflitto tra l’artista urbano che intende fare arte o lanciare un messaggio e la società. Con uno stencil, oppure un graffito, non viene però rubato il muro, ma soltanto la visibilità del muro stesso. E io penso che la visibilità dei muri di una città dovrebbe essere pubblica».

artista fotografato di spalle mentre spruzza spray nero su uno stencil
“Anthropocene sucks”, letteramente “L’antropocene fa schifo”: è una delle opere dello street artist Sabota Marco Gritti

A sostenerlo è Sabota, uno street artist attivo a VerbaniaCollegamento esterno, i cui graffiti campeggiano sui muri di molti edifici del centro storico della città e per i quali, nei mesi scorsi, è stato anche condannato a pagare una multa per imbrattamento. «Io però vengo da una famiglia che non ha mai avuto una casa di proprietà e ancora oggi vivo in affitto – prosegue l’artista – quindi chissà: forse la mia percezione della proprietà privata e dei muri è diversa da quella altrui».

Sabotare la routine di chi si imbatte in un graffito

Sabota non è un ragazzino, fa un lavoro che lo occupa gran parte della giornata – «sono un sonnambulo, forse è per quello che molti degli ultimi lavori a Verbania li ho fatti di notte, durante il lockdown del 2020» spiega – e dalle sue opere emerge una certa insofferenza verso alcuni tratti della società contemporanea. Il consumismo, l’individualismo, l’estetica dell’apparenza, alimentata anche dai social media (“Don’t panic, contact your influencer”, ha scritto in piena pandemia), la distruzione degli ecosistemi. In una parola: l’antropocentrismo, cioè la tendenza a collocare l’uomo, e i suoi bisogni, al centro delle riflessioni, delle scelte, delle azioni di ogni giorno.

scorcio di una sala con soffitti decorati nelal quale si tiene una mostra
La mostra allestita presso la Società Operaia di Mutuo Soccorso di Intra, a Verbania Marco Gritti

Alcune riproduzioni, disegni su cartoni, tele e tessuto, sono state di recente esposte in una mostra allestita alla Società Operaia di Mutuo Soccorso di Intra, a Verbania, durante il festival FerMenti, organizzato da Non Edicola Pontini e dall’associazione Maydeas.

«Non sono uno violento che va a spaccare le vetrine» aggiunge Sabota. E allora perché questo nome d’arte? Perché un graffito «può sabotare la routine di una persona, cioè far arrivare un messaggio che, forse, altrimenti non sarebbe mai passato. La street art salta i passaggi di selezione, di mediazione, di mercatizzazione a cui gran parte della cultura, al contrario, deve sottostare».

muro con graffiti
A salvarci dall’estinzione di massa, secondo l’artista, sarà l’amore. Inteso come prendersi cura di ciò che ci circonda Marco Gritti

Il rischio (lo ammette lo stesso Sabota) che sui muri possano non finirci soltanto disegni portatori di qualche spunto di riflessione, ma anche semplici scritte prive di significato, c’è. «Ma preferisco comunque un ragazzino che fa un graffito o una tag (una scritta che rappresenta la firma di uno street artist, ndr) su un muro piuttosto che quelli che passano le giornate davanti ai videogiochi o con lo smartphone in mano: è, in un certo senso, un gesto analogico in un mondo totalmente digitalizzato. Quindi, per me, è una cosa positiva».


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