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Ue corre su aiuti a Kiev prima di semestre ungherese

Keystone-SDA

(Keystone-ATS) Aggirare il veto di Budapest sull’uso degli extraprofitti che vengono dagli asset russi immobilizzati, sbloccando la prima tranche da 1,4 miliardi per l’Ucraina, compresi gli usi militari. L’Ue va in pressing prima dell’inizio della presidenza ungherese.

Ciò consapevole che poco si farà quando lo scettro passerà nelle mani di Viktor Orban. “Kiev ha bisogno di questi fondi subito”, ha chiarito l’alto rappresentante Josep Borrell, che ha presentato la soluzione ai colleghi sulla base del parere dei servizi legali del Consiglio. La sensazione è che, a causa delle bizze ungheresi, si sia perso sin troppo tempo e ora si deve accelerare.

I dossier infatti si stanno accumulando. Budapest sta fermando anche l’erogazione dei 5 miliardi del Fondo di Assistenza per l’Ucraina già stabiliti all’interno dello European Peace Fund (Epf). E ci sono da firmare gli impegni di sicurezza con l’Ucraina da parte dell’Unione Europea: il testo è pronto. Tanto che si attende la firma il prossimo giovedì a margine della prima giornata dei lavori del Consiglio Europeo, alla presenza del presidente ucraino Volodymyr Zelensky.

Diverse fonti diplomatiche hanno confermato all’ANSA che l’ipotesi è “molto probabile” anche se la conferma non c’è stata per “ragioni di sicurezza”. L’idea – a quanto si apprende – è che i problemi restanti verranno risolti, essenzialmente grazie a un passo indietro di Orban nel corso del vertice. L’Europa vuole mostrare la sua unità nel sostegno all’Ucraina, celebrando al contempo l’apertura dei negoziati formali di adesione con la Conferenza intergovernativa di domani, sempre in Lussemburgo. E l’ultimo summit ordinario dei leader di questa legislatura sarebbe la cornice più adatta.

Il ministro degli Esteri ungherese Péter Szijjártó, assicurano varie fonti, è rimasto silente quando nella stanza Borrell ha presentato la soluzione legale sull’uso dei profitti degli asset russi (in pratica: visto che si è astenuta prima non può bloccare adesso). Salvo poi tuonare con media ungheresi a cose fatte. “È una chiara linea rossa, in passato le regole comuni non sono mai state violate o disattese in modo così spudorato”, ha sostenuto. Ma c’è una spiegazione. Svuotare i cassetti ora – sanzioni, aiuti militari, uso degli asset russi, compreso l’accordo trovato al G7 sul prestito da 50 miliardi – permetterebbe a Budapest di cantare vittoria quando avrà la presidenza, mostrando che l’Ungheria lavora per la pace e non per la guerra. “Avevamo poche aspettative per quei sei mesi, almeno ci muoviamo ora, non è poi così male”, assicura un’alta fonte diplomatica.

Basta guardare al nuovo pacchetto sanzioni (il 14esimo), approvato proprio dai 27 in Lussemburgo e definito “molto ricco”. La parte che più attira l’attenzione è senz’altro quella riferita al settore del gas naturale liquefatto. Non ci sarà più la possibilità per la Russia di effettuare il trasbordo del metano nei porti dell’Ue, rendendo così più difficile l’export per Mosca (il periodo di transizione è stato però allungato a 9 mesi, per dare il tempo di prendere le misure, anche perché a fine anno scadrà l’accordo con l’Ucraina per il transito del gas russo via tubo). “Vogliamo evitare la volatilità”, spiega un funzionario europeo. Inoltre l’Ue vieterà nuovi investimenti e la fornitura di beni, tecnologie e servizi per il completamento dei megaprogetti di estrazione e liquefazione in costruzione come Arctic LNG 2 e Murmansk LNG. Detto questo, l’importazione del Gnl (gas naturale liquefatto, ndr) russo nell’Ue sarà sempre consentita.

Ma il 14esimo pacchetto non si ferma qui, anzi. Riassumendo all’osso, troviamo il rafforzamento del contrasto all’elusione, con misure sulle sussidiarie europee “birichine”, nuove designazioni di enti, anche di Paesi terzi, che sostengono il complesso militare e industriale russo (47), una norma apposita per aggiungere alla lista nera i vascelli della flotta ombra russa che violano il price cap al petrolio (sono 400, stando alle ultime stime), ulteriori divieti di esportazione di beni dual use e che rafforzano la capacità industriale russa, nuove sanzioni individuali (69, tra cui propagandisti e figure note, compreso un rapper molto in voga) e le tutele alle imprese Ue colpite dalla rappresaglia russa.

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