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Trump teme il boomerang, toglie i dazi da carne e caffè

Keystone-SDA

Il presidente statunitense Donald Trump inverte rotta e rimuove i dazi su centinaia di prodotti nel tentativo di placare l'ira degli americani contro il carovita.

(Keystone-ATS) Le tariffe su carne, banane, caffè e un altro centinaio di prodotti (dagli avocado ai pomodori, passando per i mango) vengono eliminate perché – ha spiegato la Casa Bianca – non servono più, considerati i progressi ottenuti nelle trattative commerciali e perché gli Stati Uniti non sono in grado di produrli in quantità sufficienti a soddisfare la domanda interna.

Le spiegazioni ufficiali però non convincono e mascherano, secondo gli esperti, le preoccupazioni dell’amministrazione sull’andamento dei prezzi di fronte a un carrello della spesa sempre più costoso e una frustrazione in aumento. Le recenti mosse di Trump – dal proporre un mutuo a 50 anni all’idea di un “dividendo” per i dazi da 2000 dollari per ogni americano – confermano la tensione all’interno della Casa Bianca sul tema dell’accessibilità, quella “affordability* salita alla ribalta nelle ultime elezioni che hanno visto il successo del socialista democratico Zohran Mamdani. Convinto che i prezzi siano calati da quando è entrato alla Casa Bianca e paladino dei dazi (il Tariff King, come ha scherzato in passato), Trump ha liquidato pubblicamente l’accessibilità come una “nuova parola”, una “truffa” dei democratici.

Dietro le quinte però il nervosismo è palpabile nell’entourage del presidente. Il timore è quello di una rivolta contro l’agenda di Trump, eletto sulla promessa di una riduzione dei prezzi e di un'”età dell’oro” per l’economia. Finora al di là della volata di Wall Street e dei paperoni divenuti ancora più ricchi, gli effetti della sua ricetta economica non hanno dato alcuna boccata di ossigeno ai portafogli degli americani. E la situazione potrebbe peggiorare in gennaio con la fine dei sussidi all’Obamacare che farà schizzare i prezzi della copertura sanitaria per milioni di americani. Pur criticando da anni la riforma di Barack Obama, né Trump né i repubblicani hanno finora proposto un’alternativa e ora, se i sussidi non saranno estesi come chiedono i democratici, il timore è quello di pagare un prezzo elevato alle elezioni di metà mandato.

La retromarcia sui dazi su centinaia di prodotti agricoli ha rilanciato per il presidente il soprannome Taco (“Trump always chickens out”), ovvero Trump si tira sempre indietro. Il riferimento è alle ripetute retromarce presidenziali sul fronte delle tariffe dopo l’annuncio del 2 aprile. Da allora l’amministrazione è stata costretta a rivedere più volte i suoi piani sui dazi, elemento centrale dell’agenda politica ed economica della Casa Bianca. La tariffe secondo Trump servono infatti a sanare la posizione degli Stati Uniti, per decenni “truffati e saccheggiati” sul fronte commerciale, e servono a raccogliere miliardari di dollari per ridurre il deficit e finanziare in parte il taglio della tasse incluso nel budget, il “big beautiful bill” cavallo di battaglia dell’amministrazione.

Sulle tariffe però aleggia l’ombra della Corte Suprema, chiamata a esprimersi sulla loro legalità. I saggi sono apparsi scettici sulla tesi della Casa Bianca e sulla necessità di imporle perché gli Stati Uniti sono di fronte a un’emergenza. Se la Corte Suprema dovesse bocciare i dazi per l’amministrazione Trump sarebbe un duro colpo politico perché ne minerebbe la credibilità all’estero, e anche economico vista la possibilità che la Casa Bianca debba restituire – secondo l’ultima stima di Trump – fino a “3000 miliardi di dollari”.

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