Swisscom stacca la spina al 3G, tecnologia che aprì strada a iPhone
È arrivato il momento di staccare la spina: la rete 3G di Swisscom - la terza generazione di telefonia mobile, che quando nacque non si capì bene a cosa servisse, se non a costare parecchio - sarà disponibile sino alla fine del 2025, ovvero ancora per 14 giorni.
(Keystone-ATS) Successivamente verrà disattivata nel giro di poche settimane, ha spiegato all’agenzia Awp il portavoce Armin Schädeli.
La tecnologia che oltre 20 anni or sono rese possibile per la prima volta l’invio di grandi quantità di dati in mobilità viene considerata ormai irrimediabilmente obsoleta. Swisscom non è l’unica a muoversi: Sunrise ha già completato la disattivazione in estate, mentre Salt intende mantenere il 3G almeno sino alla fine del 2026.
Le successive tecnologie di telefonia mobile 4G e 5G non solo sono molto più veloci ed efficienti, ma consumano anche molta meno energia durante il funzionamento. “Oggi sulla rete 3G di Swisscom viene gestito meno dell’1% del traffico dati mobile, ma la tecnologia occupa circa il 10% della capacità delle antenne”, fa presente Schädeli. Attualmente, 100’000 clienti privati e 80’000 aziendali ricorrono ancora al 3G, su un totale di 6,4 milioni di utenti di telefonia mobile (5,6 milioni con abbonamento, il resto con carta prepagata).
Già nel marzo 2022 Swisscom aveva annunciato la fine del 3G entro la fine del 2025: in tal modo voleva dare ai clienti tempo sufficiente per passare ad approcci più moderni. A tal fine devono acquistare dispositivi più recenti, che operano con 4G o 5G: a partire dal prossimo anno gli apparecchi solo 3G non funzioneranno più, avverte l’operatore.
Si conclude così un’era iniziata alla fine degli anni ’90, che all’epoca aveva portato a un clima da corsa all’oro nel settore delle telecomunicazioni, terminato poco dopo l’inizio del nuovo millennio con lo scoppio della bolla Internet. Ci sono stati diversi picchi di febbre tra le aziende e gli investitori: l’asta delle licenze 3G, allora ancora sotto il nome di UMTS, si trasformò inizialmente in una pioggia di oro nel Regno Unito. A Londra l’asta UMTS portò 22,5 miliardi di sterline (all’epoca pari a 57 miliardi di franchi) nelle casse dello stato. In Germania le società telecom avevano spinto le offerte fino a quasi 100 miliardi di marchi (oltre 80 miliardi di franchi).
In Svizzera l’asta UMTS si svolse solo alcuni mesi dopo, nel dicembre 2000, quando il clima si era però già notevolmente raffreddato e la bolla di Internet si era sgonfiata. Fu una sorta di fallimento per la Confederazione: invece dei miliardi previsti si raccolsero 205 milioni di franchi, poco più dell’importo minimo. Solo pochi mesi prima, l’allora presidente della direzione di Swisscom Jens Alder aveva previsto un importo di 2,5 miliardi di franchi unicamente perla sua azienda.
Le quattro licenze UMTS svizzere vennero quindi assegnate agli unici quattro offerenti rimasti dopo la fusione tra Sunrise e Diax avvenuta poco prima dell’asta: Swisscom, Sunrise/Diax e la spagnola Telefonica si aggiudicarono il posto al sole al prezzo minimo di 50 milioni di franchi, Orange pagò 55 milioni. Dai ranghi della politica piovvero di conseguenza critiche verso la Commissione federale delle comunicazioni, accusata di aver fissato prezzi minimi troppo bassi: l’autorità si difese sostenendo che il costo pro capite della licenza era più alto che in Gran Bretagna o in Germania.
L’asta UMTS elvetica si è peraltro rivelata un colpo di fortuna per le società di telecomunicazioni: le imprese hanno avuto a disposizione molto più denaro per la costruzione delle reti di telefonia mobile. In Germania, infatti, le spese miliardarie per le licenze hanno pesato sui bilanci di Deutsche Telekom e degli altri operatori, con ripercussioni negative sulla copertura di rete per molti anni.
Ma anche dopo il suo lancio nei primi anni 2000 la terza generazione di telefonia mobile è stata a lungo considerata un investimento miliardario e sovradimensionato: con i cellulari dell’epoca, infatti, i clienti potevano essenzialmente telefonare e inviare SMS. Per farlo, però, non erano necessarie linee dati veloci: il 2G era più che sufficiente. Molti critici si chiedevano quindi: a cosa serve l’UMTS? Le imprese telecom erano sulla difensiva, perché non avevano una risposta intelligente a questa domanda e dovevano comunque giustificare in qualche modo la spesa di miliardi per l’acquisto delle licenze e l’aggiornamento delle reti mobili.
Tutto cambiò però nel 2007, quando Apple lanciò sul mercato il primo iPhone. Il dispositivo, dotato di un solo tasto, il tasto Home, e di uno schermo touchscreen su cui era possibile cliccare con il dito per avviare le app, rivoluzionò il settore e l’intera economia. Improvvisamente persone in tutto il mondo iniziarono a sviluppare applicazioni per questo nuovo dispositivo, che i clienti potevano scaricare dall’App Store.
Ciò provocò un boom delle applicazioni. I telefoni a tasti dei produttori tradizionali come Nokia, Sony o Ericsson non potevano competere con la facilità d’uso dell’iPhone. Nokia, che nel 2007 era ancora il più grande produttore di telefoni cellulari al mondo, dovette gettare la spugna pochi anni dopo.