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Svizzera riscuote successo a Osaka 2025, con Heidi e raclette

Keystone-SDA

Si concluderà dopodomani l'Esposizione universale 2025 a Osaka (Giappone). Keystone-ATS l'ha visitata.

(Keystone-ATS) I visitatori devono guadagnarsi l’entrata nei padiglioni delle nazioni con una lunga attesa, ma in quello svizzero vengono ricompensati da una raclette e da Heidi.

È metà settembre, eppure la cappa di calore sopra la città nipponica è ancora pesante come piombo. Il termometro segna 32 gradi, l’aria è afosa e umida. Nel giro di pochi minuti il sudore inizia a gocciolare. Tuttavia ciò non frena i giapponesi dall’affluire in massa all’Expo.

Nel mezzo, il piccolo ma raffinato padiglione svizzero. In media i visitatori devono attendere un’ora per accedere e cercare il karateka Andy Hug in un mosaico, osservare e provare progetti svizzeri innovativi, ma soprattutto per scattarsi una foto con il ritratto di Heidi, versione cartone animato.

D’altronde i momenti di attesa si sprecano: mezz’ora per un panino in un negozio, un’ora per la maggior parte dei padiglioni, due per quello del Giappone. Da metà aprile a fine settembre infatti, 26,5 milioni di persone hanno visitato l’area di 155 ettari sull’isola artificiale di Yumeshina, nella baia antistante alla metropoli.

Il motto dell’evento è “Designing Future Society for Our Lives”, ovvero “progettare la società futura per le nostre vite”. Già due settimane prima della conclusione dell’esposizione, la vendita dei biglietti è stata interrotta. Ancora verso la fine l’affluenza è particolarmente alta, anche grazie a un calo delle temperature.

Meno visitatori, più qualità

Complessivamente, i visitatori passati dal padiglione elvetico sono circa un milione, vale a dire 5500 al giorno. Meno di quelli attesi e decisamente meno degli 1,7 milioni accorsi quattro anni fa a Dubai. “Ma la qualità delle visite è nettamente superiore” spiega Béatrice Bleuler, responsabile della comunicazione della rappresentanza svizzera a Osaka. “I visitatori si fermano in media per venti minuti, partecipano e sono interessati alle nostre presentazioni”.

La presenza è costata alla Confederazione 13,2 milioni di franchi, a cui si aggiunge un contributo da parte di sponsor. In quanto i costi di costruzione in Giappone sono nettamente superiori che negli Emirati Arabi Uniti e che il budget è immutato, il padiglione è decisamente più piccolo.

Lo stand elvetico consiste in un edificio di servizio e cinque spazi espositivi di forma sferica. I visitatori vengono accolti da un grande panorama murale che mostra paesaggi, città, commerci e industrie. Dettagliano il disegno piccoli personaggi come il lottatore prematuramente scomparso Andy Hug, che ancora oggi è venerato nel paese del Sol levante e, ovviamente, Heidi.

Quindi vengono presentati 25 progetti di scuole universitarie professionali, di istituti di ricerca e aziende, in ambiti come scienza naturali, salute e alimentazione, sostenibilità, clima, energia, robotica o intelligenza artificiale. Gli ospiti sono invitati mettere mano autonomamente e a rispondere a dei quiz. L’interattività sembra provocare l’entusiasmo dei locali, ma ancora di più lo fa la possibilità di scattare una foto con la celeberrima contadinella. Del resto proprio il cartone animato giapponese ha contribuito a rendere famoso in tutto il mondo il personaggio uscito dalla penna di Johanna Spyri.

Il padiglione più leggero della storia degli Expo

Il piccolo ristorante al piano superiore, per il quale bisogna mettere in conto un’attesa di un’ora, non poteva quindi che chiamarsi “Heidi Cafe”. Il piatto più richiesto è la raclette, quella vera, con le patate, le cipolline e i cetriolini. A metà settembre ne erano già state vendute oltre 20’100 porzioni.

La popolazione del luogo riserva molte lodi all’esposizione svizzera. Megumi Nakai, l’incaricata dell’organizzazione di far visitare l’Expo ai giornalisti stranieri è entusiasta: “Il tema è stato ben elaborato e il design orientato alle persone. In questo modo sostenibilità e originalità vengono sottolineate in maniera originale”.

Inoltre il padiglione elvetico è il più leggero mai realizzato nel contesto delle esposizioni universali. La struttura pesa infatti soltanto 400 kg e l’involucro verrà riutilizzato al termine dell’Expo per realizzare mobili, mentre lo stabile di servizio viene utilizzato ogni volta dall’Unità organizzativa Presenza Svizzera, che sottostà al Dipartimento federale degli affari esteri ed è responsabile della partecipazione elvetica agli Expo.

All’ombra dell’Austria

Visivamente però la Svizzera si trova, anche a Osaka, nell’ombra della vicina Austria, pure se in effetti con le alte temperature non è per forza uno svantaggio. La costruzione austriaca si estende in effetti in altezza per 16,5 m, è formata da listelli di legno massiccio proveniente dalla Bassa Austria e riporta le prime righe dell’Inno alla gioia di Beethoven.

Anche la Germania ha fatto le cose in grande, ma con un principio diverso. Ha speso circa 50 milioni di euro, utilizza quasi esclusivamente materiali giapponesi che rimarranno lì al termine dell’evento e si destreggia molto bene tra informazione e interazione.

In generale ogni nazione adotta un approccio differente. Per esempio l’Italia propone dei dipinti del Caravaggio e del Tintoretto oltre che dei manoscritti finora inediti di Leonardo da Vinci. La Francia invece ignora completamente l’aspetto scientifico e il motto dell’esposizione e mostra valigie e borse di una marca di lusso e abiti da sera di una celebre casa di moda, entrambi ovviamente sponsor. I visitatori europei storcono il naso, quelli nipponici sono entusiasti. “È ciò che ci immaginiamo della Francia”, si sente dire.

Applausi per Trump

In Giappone la Svizzera ha un’immagine diversa, quanto positiva. Tradizione e forza innovativa uniscono infatti due nazioni economicamente forti. “Colleghiamo alla Svizzera fiducia, qualità, precisione e innovazione, ma anche cura per l’ambiente e per la bellezza della natura”, spiega Nakai.

Su quest’ultimo aspettano puntano anche i padiglioni di Stati Uniti e Canada, che cercano di conquistare il pubblico facendo leva sugli splendidi paesaggi e sulle città. Nel padiglione americano si vive da vicino la partenza di un razzo e si viene salutati calorosamente da Donald Trump. “L’era d’oro degli Stati Uniti è finalmente arrivata”, proclama il presidente nel video, facendo scattare l’applauso spontaneo del tour anglofono.

Attorno ai padiglioni si può percorrere un anello di legno alto 20 m e lungo 2 km, che ne fa la costruzione in legno più grande del mondo. All’esterno si trovano la sala eventi, padiglioni tematici e l’enorme negozio di souvenir. Per entrarci la coda è stimata in tre ore, per cui il turista europeo tenderà ad acquistare il suo ricordo online.

“Il nostro obiettivo è comunque quello di mantenere il tempo d’attesa il più breve possibile”, osserva Nakai, “tuttavia la gente è disposta ad attendere per visitare mostre interessanti. In Giappone è qualcosa di piuttosto usuale”. Gli organizzatori si dicono molto soddisfatti dell’afflusso di visitatori e delle reazioni. Il giapponese medio è del resto tendenzialmente più paziente dell’europeo medio, è dunque una fortuna che soltanto il dieci percento dei visitatori venga dall’Europa.

Al ritorno la metropolitana è affollata ma efficiente come al solito. E la bambina sull’autocollante che avvisa di non incastrare le dita nella porta del vagone, assomiglia sorprendentemente a Heidi.

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