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Stablecoin: boom negli Usa, mentre in Svizzera stentano a decollare

Keystone-SDA

I progetti di stablecoin stanno vivendo un boom negli Stati Uniti, grazie alle normative favorevoli alle criptovalute varate dall'amministrazione Trump.

(Keystone-ATS) In Svizzera invece tali progetti stentano a decollare: l’industria del ramo attribuisce la colpa a condizioni quadro inadeguate e spera ora in una modifica legislativa.

Uno stablecoin è una criptovaluta progettata per mantenere un valore stabile nel tempo, legando il suo prezzo a quello di un altro attivo di riferimento, come una valuta. Ad esempio un “USDT” del più grande fornitore di stablecoin Tether corrisponde esattamente a un dollaro. Le monete digitali in questione consentono agli utenti di effettuare pagamenti diretti e immediati su una blockchain: in alternativa agli attuali mezzi di pagamento, non richiedono l’intermediazione di banche o società di carte di credito.

Il volume degli stablecoin è cresciuto rapidamente soprattutto dopo la pandemia di coronavirus: secondo la Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI), attualmente ammonta a più di 250 miliardi di dollari. Creati originariamente per facilitare il trading di Bitcoin, gli stablecoin sono particolarmente popolari nei paesi con infrastrutture bancarie carenti e un’inflazione elevata, come Argentina, Libano o Turchia.

Negli Stati Uniti, il Genius Act (Guiding Emerging National Innovations for Unified Standards) ha ora fornito al settore un quadro normativo completo che probabilmente avrà un impatto anche al di fuori del paese. Dopo il Senato, ieri sera anche la Camera dei rappresentanti ha approvato la legge. La nuova normativa ha già scatenato un’atmosfera da corsa all’oro negli Usa, come dimostra il massiccio balzo dei prezzi delle azioni in occasione del recente sbarco in borsa dell’emittente di stablecoin Circle. Anche alcune grandi banche statunitensi hanno annunciato i propri progetti sulle stablecoin. E pure la famiglia Trump è entrata nel business, con il suo “World Liberty Financial USD”.

L’emissione di stablecoin può essere un’attività estremamente redditizia, tra l’altro grazie agli interessi maturati sui fondi depositati. Il leader di mercato Tether, ad esempio, che ha emesso stablecoin “USDT” per un totale di circa 160 miliardi di dollari, ha dichiarato un profitto annuale di 13,7 miliardi di dollari nel 2024.

In Svizzera invece gli stablecoin svolgono solo un ruolo di nicchia. Per l’associazione di settore Swiss Blockchain Federation (SBF) ciò ha molto a che fare con la regolamentazione. Esistono singole iniziative, spiega all’agenzia Awp Rolf Weber, professore di diritto e membro della comitato direttivo della SBF. “Questi progetti non possono però attualmente essere lanciati sul mercato perché il contesto legale non lo consente”.

Al centro delle critiche figura anche l’autorità di vigilanza dei mercati finanziari Finma. A causa dei maggiori rischi di riciclaggio di denaro i funzionari bernesi chiedono che gli emittenti locali di stablecoin registrino l’identità di tutti i titolari dei loro attivi: in questo modo l’autorità si spinge molto più in là degli analoghi organi di altri paesi, argomenta la SBF.

Finora in Svizzera è mancata una regolamentazione specifica per gli stablecoin, afferma Stephan Zimmermann, responsabile giuridico della banca di criptovalute Sygnum con sede a Zurigo. “L’ambiente normativo per gli stablecoin nella Confederazione è quindi attualmente complesso, restrittivo e non molto favorevole all’innovazione”.

Sygnum ha lanciato un proprio stablecoin in franchi (DCHF) nel 2020, che è però disponibile solo per i propri clienti. Allo stesso tempo, la criptobanca ha aderito a un progetto – insieme a UBS e a PostFinance e sotto la guida dell’Associazione svizzera dei banchieri – che sta esaminando l’emissione congiunta di un “token di deposito in franchi”.

Il settore ripone ora grandi speranze in una proposta annunciata nel 2024 per modificare le normative sui mercati finanziari, che mira tra le altre cose a creare un quadro giuridico migliore per l’emissione di stablecoin. Il Consiglio federale intende presentare un disegno di legge nell’autunno del 2025, ha confermato la Segreteria di Stato per le questioni finanziarie internazionali (SIF), che ne è responsabile.

La prevista modifica della disposizioni è accolta con favore dalla società anonima Swiss Stablecoin AG: l’impresa con sede a Berna sta preparando da tempo il lancio di un franco svizzero digitale (CHFD). L’emissione sarebbe possibile anche all’interno del quadro giuridico esistente, ma l’attuale contesto normativo comporta “notevoli difficoltà e anche alcune restrizioni nelle applicazioni”, osserva Pascale Bruderer, presidente del consiglio di amministrazione. Secondo l’ex consigliera nazionale e consigliera agli stati socialista argoviese poter avere un franco digitale è urgente, alla luce degli sviluppi geopolitici. “C’è un forte consenso sul fatto che una soluzione elvetica debba occupare il campo, in modo da non lasciarlo a fornitori stranieri”, sottolinea la quasi 48enne.

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