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Sharaa, da terrorista a capo di Stato all’Onu da Trump

Keystone-SDA

Ahmad Sharaa, noto col nome di battaglia di Jolani e fino a pochi mesi un "terrorista" sul quale pesava una taglia da 10 milioni di dollari, sarà il primo capo di Stato siriano a parlare al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite dal lontano 1967.

(Keystone-ATS) Accompagnato dal ministro degli esteri Assaad Shaybani e alla guida di una folta delegazione governativa, nel suo inedito viaggio negli Stati Uniti, Sharaa attende di essere ricevuto dal presidente Donald Trump, lo stesso che da mesi ha dato incarico ai suoi inviati speciali nella regione di concludere un accordo storico tra Siria e Israele.

Sebbene il premier Benjamin Netanyahu abbia affermato che l’accordo con Damasco è vicino ma non imminente, secondo fonti di stampa siriane “l’intesa è raggiunta al 99%”. Il ministro Shaybani ha nei giorni scorsi incontrato il segretario di Stato Marc Rubio e i due hanno discusso della rimozione di altre sanzioni americane dopo l’abrogazione, nei mesi scorsi, di altre sanzioni Usa.

Sharaa parlerà all’assemblea generale dell’Onu mercoledì. A margine dei lavori, dovrebbe incontrare, tra gli altri, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Secondo i media di Damasco, proprio sauditi e turchi hanno convinto nelle scorse settimane l’amministrazione Trump a concedere a Sharaa e ai suoi uomini il visto di ingresso negli Usa. Una mossa non certo scontata vista la politica di restrizioni avviata dallo stesso Trump durante il suo primo mandato quando vietò, col famigerato ‘Muslim Ban’, l’ingresso sul territorio americano a cittadini siriani.

La presenza di Sharaa a New York non è scontata anche perché soltanto fino al luglio scorso la coalizione di milizie (Hayat Tahrir Sham, Hts), per anni guidata da Sharaa dal nord-ovest della Siria era considerata dal Dipartimento di Stato un’organizzazione terroristica. Un’etichetta che gli Usa avevano affibbiato a Sharaa – nato in Arabia Saudita da genitori della borghesia damascena – sin da quando, poco più che ventenne, si era arruolato nel 2003 come jihadista per resistere all’occupazione anglo-americana dell’Iraq.

Rinchiuso per anni in una prigione americana vicino Baghdad, in cella aveva fatto conoscenze importanti nelle file di al Qaida in Iraq. Lo scoppio della guerra in Siria nel 2011 coincise col suo rilascio: nell’arco di pochi mesi diventò il capo di al Qaida in Siria. Sfruttando sapientemente le divergenze tra i gruppi radicali e nel mezzo degli scontri tra l’Isis e i qaedisti, nel 2016 decise di rompere i legami con al Qaeda e si mise in proprio, proponendosi di fatto come cliente della Turchia nell’enclave di Idlib, a due passi dalla costa Mediterranea.

Il resto è cronaca: dopo una cavalcata trionfale di dieci giorni in un contesto regionale in pieno stravolgimento, l’8 dicembre scorso Sharaa si è seduto inaspettatamente sul trono che per mezzo secolo è stato degli Assad, la dinastia al potere in Siria dalla fine degli anni ’60. E ora è il “presidente della Repubblica araba di Siria” pienamente riconosciuto dagli Stati Uniti e dalla comunità internazionale.

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