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Scontro Trump-Ramaphosa su ‘genocidio bianchi’ in Sudafrica

Keystone-SDA

Colloquio ad alta tensione nello Studio Ovale tra Donald Trump e Cyril Ramaphosa.

(Keystone-ATS) I due leader si sono scontrati sulle violenze contro gli afrikaner, gli agricoltori bianchi sudafricani, che accusano il governo di ‘genocidio’ e sono sostenuti dall’amministrazione di Washington.

Il presidente sudafricano, ex negoziatore di Nelson Mandela all’epoca dell’apartheid, è arrivato alla Casa Bianca con l’obiettivo di convincere il presidente americano a stringere accordi con il suo Paese.

La posta in gioco è alta per il Sudafrica: gli Stati Uniti sono il secondo partner commerciale e il taglio degli aiuti deciso da Trump in risposta alla controversa legge sulle terre sta già mettendo in crisi la sua economia. A gennaio, infatti, Ramaphosa ha firmato una controversa misura che consente al governo di espropriare terreni privati senza fornire indennizzi quando ritenuto nell’interesse pubblico.

L’obiettivo, sostiene la legge, è affrontare le conseguenze dell’apartheid e correggere l’equilibrio che vede una minoranza di bianchi, il 7% della popolazione, detenere i tre quarti delle aziende agricole. Per Trump e la sua amministrazione, invece, si tratta di un provvedimento “razzista”, ed è per questo che il 7 febbraio ha firmato un ordine esecutivo per tagliare tutti i finanziamenti americani al Sudafrica e a marzo ha espulso l’ambasciatore sudafricano.

Per cercare di ammorbidire The Donald, il sudafricano ha perfino portato con sé alla Casa Bianca i campioni di golf Ernie Els e Retief Goosen. Ma, a parte le battute iniziali sullo sport preferito dal presidente americano, il bilaterale è entrato subito nel vivo quando Trump ha chiesto al suo omologo una spiegazione sulle “cose brutte che stanno accadendo in Africa”.

“Abbiamo accolto delle persone che si sentivano perseguitate”, ha incalzato il commander-in-chief riferendosi al gruppo di 49 agricoltori bianchi arrivati a Washington nei giorni scorsi con lo status di rifugiati. Da lì è stato un crescendo, smorzato solo dal fatto che alla fine Ramaphosa, abile mediatore, ha deciso di non replicare più alla accuse del presidente americano, almeno di fronte ai media e in diretta streaming.

“Non c’è bisogno che dica io che non c’è il genocidio degli afrikaner, basta che ascolti i suoi amici sudafricani qui”, ha detto il leader sudafricano. Per tutta risposta il tycoon ha mostrato a lui e a tutto lo Studio Ovale un lungo documentario che denuncia le uccisioni e le violenze subite dagli agricoltori bianchi sudafricani.

“Queste cose sono accadute in Sudafrica”, ha insistito Trump mostrando, inoltre, decine di pagine di articoli e foto di afrikaner feriti o insanguinati. “Le loro terre vengono espropriate, loro vengono uccisi e il governo non fa nulla”, ha attaccato il tycoon. Il presidente Ramaphosa ha provato a replicare che gli atti di violenza sono opera di “una minoranza di estremisti” e che quella “non è la linea del governo”, ma di fronte alla richiesta del tycoon di spiegare perché i “criminali” non siano stati arrestati non ha potuto fare altro che tacere.

Su altri fronti, la conversazione tra i due leader alla Casa Bianca si è svolta in maniera più pacifica, con Ramaphosa che ha espresso il “pieno sostegno” a quanto gli Usa stanno facendo per la pace in Ucraina. Nessun cenno, invece, al Medio Oriente, un altro potenziale terreno di scontro: nel dicembre 2023, il Sudafrica ha avviato, infatti, un procedimento presso la Corte internazionale di giustizia, accusando Israele di genocidio a Gaza.

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