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Russia: tre anni a ricercatore francese, lavorava per ong svizzera

Keystone-SDA

(Keystone-ATS) Il tribunale Zamoskvoretsky di Mosca ha condannato a tre anni di reclusione il ricercatore francese Laurent Vinatier, accusato dalle autorità russe di raccogliere informazioni militari senza essersi registrato come “agente straniero”. Lo riporta l’agenzia Interfax.

Vinatier, che lavorava per una ong svizzera di mediazione dei conflitti – il Centro per il dialogo umanitario (HD) di Ginevra – prima di essere arrestato lo scorso giugno, non è quindi accusato di “spionaggio”, ma di non essersi registrato da solo nella famigerata lista voluta dal Cremlino.

La pubblica accusa aveva chiesto tre anni e tre mesi di reclusione, mentre la difesa di Vinatier, 48 anni, che il ricercatore fosse solo multato e ha annunciato che intende impugnare la sentenza in appello.

Gli investigatori russi – scrive Novaya Gazeta Europe – sostengono che Vinatier raccogliesse informazioni “sulla mobilitazione e sull’addestramento” che “potrebbero essere usate contro la sicurezza dello Stato”. Diversi osservatori ritengono però che dietro la condanna vi siano in realtà chiare motivazioni politiche.

Il presidente francese Emmanuel Macron ha chiesto il rilascio del ricercatore affermando che “la propaganda” contro di lui “non corrisponde alla realtà”, fa sapere l’Afp, aggiungendo che Vinatier in tribunale ha detto di non sapere che doveva registrarsi nell’elenco degli “agenti stranieri” e di ammettere, solo in questo senso, una propria “colpa”.

L’elenco degli “agenti stranieri” è considerato uno strumento del Cremlino per prendere di mira persone ed enti scomodi per il potere. L’inserimento nella lista impone un severo controllo amministrativo e obbliga a presentarsi con questa etichetta, cosa che ha di fatto costretto diversi enti alla chiusura.

La Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato la Russia per aver promulgato nel 2012 la legge sugli “agenti stranieri” affermando che questa viola il diritto alla libertà d’associazione e quello alla libertà d’espressione. Secondo i media russi, l’ammissione di presunta “colpevolezza” ha portato a un processo più breve e a una riduzione della pena massima prevista (5 anni). Mosca è accusata di arrestare cittadini occidentali per motivi politici per poi usarli come “pedine di scambio” per il rilascio di cittadini russi detenuti nei Paesi occidentali.

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