Reset Starmer-Macron, ma sui migranti è intesa a metà

Un vertice post Brexit che - almeno sulla carta - suggella un luminoso "reset" della storica alleanza secolare fra Regno Unito e Francia, dopo quello annunciato in chiaroscuro a maggio con l'intera Ue.
(Keystone-ATS) Dal dossier del riarmo a quello di un patto bilaterale senza precedenti sul deterrente nucleare; dalla cooperazione tecnologica sulla nuova frontiera dell’Intelligenza Artificiale, all’energia, ai satelliti al commercio. Ma che sul terreno del contrasto dell’immigrazione illegale – cruciale per Londra e per la credibilità della linea dura proclamata da un governo laburista in crisi di consensi – si chiude con un accordo a metà. Un primo passo secondo le rassicurazioni ufficiali, un brodino o una presa in giro secondo le voci critiche.
È il risultato d’insieme della visita di Stato di tre giorni sull’isola del presidente Emmanuel Macron, inaugurata dal ricevimento in pompa magna offerto a lui e alla première dame Brigitte da re Carlo e dalla regina Camilla martedì e chiuso oggi dal summit vero e proprio con il premier Keir Starmer, allargato a due ampie delegazioni ministeriali.
“Uno contro uno”
Alla fine, sulla spinosa questione dei migranti, l’epilogo è stato quello di un’intesa fondata sullo schema “uno contro uno” proposto da sir Keir in materia di respingimenti. Ma in misura limitata. Con l’impegno di Parigi a riaccogliere per ora non più di 50 clandestini alla settimana sbarcati sull’isola a bordo delle “small boat” che quotidianamente attraversano le pericolose acque della Manica partendo dal nord della Francia, in cambio del via libera di Londra all’ingresso di un pari numero di “richiedenti asilo genuini” accampati sull’altra sponda del canale. “Un progetto pilota”, come è stato definito, che Starmer ha provato a sbandierare nella conferenza stampa finale alla stregua di un primo “accordo innovativo”, se non rivoluzionario, operativo già “dalle prossime settimane”. Ma che, a conti fatti, permetterà di rispedire indietro non più di 800 persone, a fronte delle 21’000 e oltre approdate a ritmo record dall’inizio del 2025. Mentre solo oggi, nelle ore del vertice, la guardia costiera di Sua Maestà annunciava di aver dovuto intercettare a ridosso della costa inglese di Dover diverse imbarcazioni di scafisti con altri 220 “clandestini” a bordo.
Il presidente Macron, da parte sua, ha assicurato di voler far funzionare questo schema: da incrementare magari gradualmente, come suggerisce Downing Street, sulla base di verifiche future. Non senza annunciare un rafforzamento dei suoi apparati di sicurezza sulle rive francesi (insufficienti secondo Londra, malgrado le centinaia di milioni di sterline stanziate a favore di Parigi). Ma ha insistito nel contempo che un respingimento generalizzato e automatico dei “clandestini” non è più legalmente possibile a causa “della Brexit”, rivelatasi dannosa per la tutela dei confini britannici in barba alle “bugie” dei suoi sostenitori. Aggiungendo che per affrontare davvero il fenomeno occorre collaborare “sulle cause d’origine dei flussi migratori”.
Uniti per la difesa
Cause fra cui ci sono anche le guerre. Scenario da incubo di fronte al quale i leader delle due maggiori potenze militari europee mostrano una sintonia più netta. Impegnandosi a creare un asse dalla difesa missilistica all’ampliamento da 10’000 a 50’000 effettivi della Combined Joint Expeditionary Force, un contingente bilaterale creato nel 2010 per eventuali missioni di emergenza.
Fino ad arrivare a sottoscrivere nella base NATO di Northwood una dichiarazione – presentata come monito “ai nemici” – che di fatto obbliga a un uso congiunto dei due unici arsenali nucleari indipendenti dell’Europa occidentale nel caso apocalittico di un ipotetico attacco non convenzionale contro uno solo dei contraenti.
Non senza ribadire – nella videocall di fine summit con i partner della “coalizione dei volenterosi” riuniti a Roma per la conferenza sulla ricostruzione ucraina – l’ambizione di un ruolo guida nel sostegno a Kiev. E nell’appello agli alleati – USA inclusi – a intensificare le “pressioni sulla Russia per forzare finalmente Vladimir Putin” a un cessate il fuoco.