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Regno Unito: sentenza shock contro 5 ambientalisti, polemica

Keystone-SDA

(Keystone-ATS) È polemica dopo la pesante condanna al carcere inflitta ieri da un giudice britannico nei confronti di 5 ambientalisti radicali di Just Stop Oil, accusati di aver progettato nel 2022 (ma mai realizzato) una protesta per creare un blocco sull’autostrada M25.

La sentenza – contestata da sigle storiche dell’ecologismo come Greenpeace o anche da voci interne all’ONU – è stata emessa dal giudice Christopher Hehir, dopo il verdetto di colpevolezza pronunciato da una giuria nei confronti di Roger Hallam, cofondatore di Just Stop Oil, e degli attivisti Daniel Shaw, Louise Lancaster, Lucia Whittaker de Abreu e Cressida Gethin: con pene comprese fra i 5 e i 4 anni di reclusione, record mai visto nel Regno Unito contro promotori di un’iniziativa non violenta.

Il giudice Hehir, della Southwark Crown Court di Londra, ha inteso così punire quella che nelle sue parole avrebbe potuto essere “la più grande perturbazione al traffico della storia moderna britannica”. Non senza rinfacciare ai 5 – in primis a Hallam – di “aver oltrepassato la linea che separa un fanatico da un attivista preoccupato”.

A nulla sono valsi gli appelli degli avvocati o le giustificazioni ideali invocate dagli imputati che hanno scelto di difendersi da soli per cercare di ottenere almeno una mitigazione delle pene. A dispetto del fatto che i 5 erano in effetti accusati di aver solo organizzato una video-riunione su Zoom, per pianificare un’iniziativa rimasta sulla carta, visto che al meeting s’era unito sotto mentite spoglie un reporter del Sun, tabloid di Rupert Murdoch, per denunciare poi tutto alla polizia.

Durissimo il commento di Michael Forst, rapporteur dell’ONU per i diritti dei militanti ambientalisti, presente all’udienza finale, il quale ha parlato di “un giorno nero per la giustizia e per il diritto alla protesta pacifica” bollando il verdetto alla stregua di “una sentenza shock” emessa in uno Stato che impartisce ogni giorno lezioni di democrazia al mondo e che si pretende culla della libertà di manifestare.

“Che razza di Paese è quello che rinchiude della gente in galera per anni soltanto per aver pianificato di protestare pacificamente, o meglio dire per averne discusso su Zoom?”, gli ha fatto eco Amy Cameron, dirigente di Greenpeace UK, sottolineando che si tratta “non di un caso episodico, ma del culmine estremo” di un crescendo alimentato da anni da una legislazione e da una giustizia “sempre più repressive”. E definendo “un mondo alla rovescia” quello che “dà mano libera a un’élite di inquinatori impegnata a rubare al futuro un pianeta abitabile e incarcera invece chi cerca di fermarla”.

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