La Santa Sede ha ospitato a novembre un convegno sugli edifici di culto sconsacrati e sulla loro, talvolta discutibile, successiva destinazione. Ne parliamo con don Valerio Pennasso, direttore dell'Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici e l'edilizia di culto.
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Enrico Marra
“Dio non abita più qui?”: è l’inconsueto titolo di un convegno che si è tenuto il 29 e 30 novembre presso la Santa Sede. Il quesito si rivolge alle alle troppe “spiacevoli” segnalazioni di chiese dismesse e riutilizzate in modo “suggestivo”, come ha detto il Cardinale Gianfranco Ravasi durante gli incontri che ha presieduto e a cui hanno preso parte, tra gli altri, i delegati delle conferenze episcopali di Europa, America settentrionale e Australia.
Alla presenza di Papa Francesco, che all’apertura delle discussioni ha posto l’accento, in modo positivo, sulle potenzialità dell’immenso patrimonio ecclesiastico. Sulla sfida della Chiesa in una società in continuo e repentino cambiamento, che può essere vista anche come un’opportunità. Nella modernità, in cui le abitudini sono spesso mutate ma le persone, i rapporti sociali e le necessità, restano prioritari.
Desacralizzare senza dissacrare
Difficile stimare con precisione quante siano le chiese dismesse nel mondo, sicuramente nell’ordine delle migliaia, e sono destinate ad aumentare. Il Cardinale Ravasi – “ministro” della Cultura Vaticano – ha ricordato come un luogo possa essere desacralizzato ma non dissacrato e che maggiore attenzione dovrà essere prestata per le dismissioni. Cercando, per quanto possibile, evitarne di nuove.
Per il porporato, non dovrebbero più ripetersi casi come quello della chiesa neogotica di Manhattan che oggi ospita musica techno, laser e cubiste; o come nei Paesi Bassi dove tra le volte antiche sono state montate piste e rampe di pattinaggio; o come la chiesa luterana ottocentesca di Edimburgo, da tempo divenuta il “Frankenstein pub”.
Non solo nord Europa
L’Italia non è da meno, gli esempi sono molti: feste di Halloween organizzate a San Gennaro all’Olmo a Napoli, chiesa risalente al VI secolo. Sfilate di moda, con modelle delle vesti licenziose, organizzate in una antica chiesa di Firenze. A Roma la chiesa dei Santi Simone e Giuda, del XII secolo, sconsacrata nel 1902 – appartenuta addirittura alla famiglia principesca e papale degli Orsini – venne prima trasformata nel teatro di avanspettacolo Alcazar, dove si esibivano le ammaliatrici ‘sciantose’, per poi diventare un ristorante di cucina araba, con spettacoli di danza del ventre.
Ancora chiuso al pubblico, l’ex immobile sacro, dal prossimo marzo riaprirà nuovamente come night club, tra aperitivi e spettacoli. Il nome dell’attività commerciale conterrà parte del nome originale: diverrà la “Chiesa di Giuda”.
L’intervista
Don Valerio Pennasso, Direttore dell’Ufficio Nazionale per i beni culturali ecclesiastici, racconta l’esperienza del convegno e le ipotesi fatte sul futuro delle dismissioni del patrimonio immobiliare ecclesiastico.
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La Santa Sede ha ospitato a fine novembre un convegno sugli edifici di culto sconsacrati e sulla loro, talvolta discutibile, attuale destinazione.
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