A Palermo tornano gli sciuscià
La sedia in strada, il cliente assorto nella lettura del giornale, spazzole e pomata, lo sciuscià chino a lustrare scarpe per trenta lire al paio. Questa immagine, un tempo consuetudine a Palermo, sta ritornando, complice anche la crisi economica.
Enza da qualche mese ha la sua poltrona da lustrascarpe in centro, a due passi dal celebre Teatro Politeama, con il suo set completo di spazzole e pomate, per rimettere a nuovo ogni tipo di scarpa. “Per settimane non si è fermato nessuno, quando stavo per mollare sono arrivati i primi clienti”, spiega.
L’azienda di calzature per cui lavorava ha chiuso ed Enza ha provato di tutto, dalle pulizie alla badante, sentendo però la mancanza del suo vero mestiere. Quando era molto piccola, per un periodo, anche suo padre ha fatto lo sciuscià. In qualche modo il lustrascarpe per Enza è un mestiere di famiglia. In questi mesi capirà se questo antico e umile mestiere è ancora possibile. Ai tempi di suo padre le scarpe da ginnastica e le infradito, del periodo estivo, non esistevano o quasi a Palermo.
Anche Andrea è rimasto a casa per il fallimento dell’azienda dove lavorava, è sposato ed ha un figlio da mantenere. Come Enza, si è aggiudicato una delle dieci postazioni da lustrascarpe distribuite in tutta la città, messe a gara in un bando della Confartigianato di Palermo. Andrea non viene dal settore delle calzature, si è diplomato al liceo scientifico, ma non è riuscito a trovare di meglio. “Ho provato di tutto… la posizione che il lustrascarpe assume davanti al cliente può essere considerata poco gradevole, pero poi alla fine è un mestiere”, dice.
La disoccupazione in Sicilia arriva al 40 percento, soprattutto per la fascia d’età che va dai 35 anni in giù. Non ci sono prospettive di sviluppo o politiche industriali. In questo contesto di scarsità di iniziative Nunzio Reina, parrucchiere e presidente della Confartigianato di Palermo, ha avuto l’idea di far rinascere gli sciuscià. Partendo da questo umile mestiere la Sicilia si rimise in piedi dopo la seconda guerra mondiale. Sfruttando quel poco denaro che usciva dalle tasche dei marines americani che sbarcavano dalle navi. I militari, urlando ‘shoe shine!’, attiravano gruppetti di ragazzi armati di stracci per farsi lucidare gli scarponi. È bastato poco che sulla terra ferma il nomignolo di questi ragazzini in cerca di spiccioli diventasse sciuscià.
“Con 5 euro al paio, 5 paia al giorno, si arriva a un minimo di 500 euro, quanto serve per vivere a Palermo”.
Nunzio Reina
Meglio lustrascarpe che nei call-center
Incurante dell’immaginario che ruota attorno a questo umile mestiere, Nunzio Reina, al contrario, non ci dorme la notte. Crede fermamente che il suo progetto possa creare uno spiraglio di opportunità. “Con 5 euro al paio, 5 paia al giorno, si arriva a un minimo di 500 euro, quanto serve per vivere a Palermo. Per molto meno i laureati lavorano nei call-center o vanno a trasportare la pizza a domicilio”.
Al bando di gara della Confartigianato si sono presentati in centinaia, effettivamente anche delle laureate e dei laureati. Un primo segnale che Nunzio Reina è sulla buona strada. I dieci sciuscià selezionati hanno costituito una cooperativa con l’assistenza della Confartigianato, per la tutela fiscale e la garanzia sul prestito, necessario per l’acquisto della poltrona e delle attrezzature.
Il presidente immagina il mestiere sotto una nuova veste, non più sciuscià, ma una figura professionale più dignitosa e adatta alla modernità. I nuovi lustrascarpe potranno trovarsi fuori dai teatri, negli aeroporti, nelle zone dense di uffici e banche, nei saloni di bellezza. Ma anche a domicilio per feste private, eventi. Con una professionalità certificata da un apprendistato ma soprattutto cercando di dare un nuovo lustro a questa figura d’artigiano. Il lustrascarpe 2.0 avrà la possibilità di esprimere la propria personalità ed il proprio talento.
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