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Prezzi alla produzione e all’importazione ancora in calo

Keystone-SDA

Ulteriori segnali di rallentamento del rincaro sul fronte aziendale: in settembre i prezzi alla produzione e all'importazione sono scesi dello 0,2% rispetto ad agosto.

(Keystone-ATS) Su base annua si regista una flessione dell’1,8%, ciò che costituisce il 29esimo arretramento consecutivo, emerge dalle informazioni diffuse stamani dall’Ufficio federale di statistica (UST).

Nel dettaglio, per quanto riguarda il dato sui soli prezzi alla produzione – che mostra l’evoluzione relativa ai prodotti indigeni – si è assistito rispettivamente a una stabilità mensile e a una contrazione dell’1,4% rispetto allo stesso mese del 2024. Nel confronto con agosto è diventata più a buon mercato soprattutto la carne suina, mentre è aumentato il costo del latte.

Il secondo sottoindice, quello dei prezzi all’importazione, presenta un’evoluzione più netta: risulta in lieve flessione il dato mensile (-0,5%) ed è in forte diminuzione quello annuo (-2,7%). Si è dovuto pagare di più – nel paragone mensile – per il caffè e i computer portatili; prezzi in contrazione sono stati osservati invece per il petrolio, il gas, gli autoveicoli e i preparati farmaceutici.

L’indice dei prezzi alla produzione e all’importazione è un indicatore congiunturale che riflette l’andamento dell’offerta e della domanda sui mercati dei beni, spiegava tempo fa l’UST. Il dato è considerato un parametro importante per capire lo sviluppo dei prezzi al consumo (cioè l’inflazione), poiché i costi di produzione sono normalmente trasferiti sui prodotti finali. Tuttavia mostra oscillazioni significativamente più marcate ed è molto più volatile a causa della forte dipendenza dalle materie prime.

Come si ricorderà in Svizzera l’inflazione è rimasta stabile in settembre allo 0,2%, cioè lo stesso livello registrato in agosto e in luglio. Si tratta di un dato in linea con l’obiettivo di stabilità dei prezzi della Banca nazionale svizzera (BNS), che l’istituto identifica in un incremento annuo inferiore al 2%.

I vari attori economici che pubblicano previsioni sul tema (a titolo d’esempio Seco, Ocse, KOF, Economiesuisse, UBS, Fondo monetario internazionale e altri ancora) pronosticano che nel 2025 il rincaro si attesterà a valori compresi fra lo 0,1% e lo 0,3%; per quanto riguarda il 2026 le stime si muovono in una fascia fra lo 0,3% e lo 0,8%. L’inflazione aveva raggiunto nel 2022 un picco del 2,8%, salendo ai massimi da 30 anni, ed era poi calata al 2,1% nel 2023 e all’1,1% nel 2024.

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