Per il nascente governo Barnier strada in salita
(Keystone-ATS) È sempre più in salita la strada per la costituzione di un governo in Francia. Il premier nominato, Michel Barnier, è alle prese con difficoltà di ogni tipo, a cominciare dal rifiuto di molti gruppi parlamentari di partecipare al suo esecutivo.
Se la sinistra lo ha già escluso a priori, forte ostilità arriva ora persino da macroniani e centristi, che hanno puntato i piedi nelle ultime ore dopo le fughe di notizie su possibili aumenti delle tasse per i redditi più elevati. Una prospettiva contro cui si oppone con forza il Rassemblement National di Marine Le Pen (RN), che forte dei suoi 123 deputati all’Assemblée Nationale potrebbe decidere di farlo cadere in ogni momento insieme alla gauche.
A due settimane dalla nomina di Barnier, il 5 settembre, lo stesso campo presidenziale “Ensemble pour la République” (EPR), chiede al settantaduenne repubblicano un “chiarimento” sulla sua linea politica, prima di poter aderire al futuro esecutivo che salvo soprese – ma il condizionale è d’obbligo vista la complessità della situazione a Parigi – dovrebbe essere annunciato entro domenica. Tra l’altro, una riunione prevista stamattina tra Barnier e una delegazione EPR guidata da “pesi massimi” come gli ex premier di Macron, Gabriel Attal ed Elisabeth Borne, nonché dal ministro dimissionario dell’Interno, Gérald Darmanin, è stata “rinviata” sine die. Slittato anche l’incontro fissato in serata a Matignon tra Barnier e i compagni di partito Républicains (LR), Gérard Larcher, Bruno Retailleau e Laurent Wauquiez.
Questa mattina, l’ex caponegoziatore UE per la Brexit, forse anche per giustificare un possibile aumento delle tasse da lui evocato a porte chiuse durante le consultazioni a Matignon, ha lanciato un impietoso avvertimento sulla situazione dei conti pubblici, dicendo di aver “scoperto una situazione di bilancio gravissima”. “Ho chiesto tutti gli elementi per valutarne la realtà precisa”, aggiunge il premier nella dichiarazione rilasciata all’agenzia France Presse, invitando tutti alla “responsabilità”. Ma dopo sette anni di tagli consecutivi delle tasse da parte dei vari governi di Macron, l’ipotesi di nuovi aumenti delle imposte per risanare i conti rischia di fargli perdere sostegni cruciali in parlamento.
L’alzata di scudi arriva anche dal RN, sorta di “ago della bilancia” nella tenuta del futuro esecutivo. “Senza immaginazione e senza coraggio, Barnier, rischia di ritrovarsi molto presto senza governo”, scrive su X il segretario del Rassemblement National (RN) Jordan Bardella, come un avvertimento neanche troppo velato al nuovo inquilino di Matignon. “Prima di aumentare la minima imposta, ci sono mille piste per ridurre le spese”, suggerisce l’europarlamentare RN mentre la stessa Marine Le Pen, torna ad invocare – come già fatto durante le elezioni anticipate di giugno – la costituzione di “una grande commissione di controllo dei conti della nazione”.
Oggi, anche il presidente della Corte dei conti, Pierre Moscovici, ha messo in guardia sulle finanze francesi, sostenendo che l’obiettivo fissato dal governo di riportare il deficit al 5,1% del PIL entro il 2024 appare come irrealizzabile.