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Pacchetto accordi Svizzera-Ue, accettabile ma migliorabile, Centro

Keystone-SDA

Il pacchetto di accordi Svizzera-Ue è "accettabile", tuttavia occorre migliorare l'attuazione della politica interna in particolare riguardo alla gestione dell'immigrazione e alla ripresa dinamica del diritto

(Keystone-ATS) È quanto sostiene il Centro nella sua risposta alla procedura di consultazione che termina il 31 ottobre.

Per quanto riguarda l’immigrazione, il Centro considera che il Consiglio federale abbia compiuto progressi concretizzando la clausola di salvaguardia, finora inefficace, in quanto ora può essere attivata unilateralmente dalla Svizzera, sottolineando però che i tratta “di una soluzione minima”.

Tuttavia, nell’ambito dell’iniziativa popolare dell’UDC “No a una Svizzera da 10 milioni!”, strettamente legata alla libera circolazione delle persone, il Centro si impegna a favore di un controprogetto a livello costituzionale che fornisca una risposta ancora più efficace alla questione dell’immigrazione. La proposta del Centro intende consentire alla popolazione di conferire al Consiglio federale un mandato negoziale anziché un mandato di denuncia dell’accordo, aprendo così la strada a una politica responsabile.

Il Centro desidera ricordare che la libera circolazione delle persone si basa, in politica interna, su due pilastri indissociabili: la gestione controllata dell’immigrazione e la salvaguardia del livello di protezione dei salari.

Nel campo degli elementi istituzionali, il Centro ritiene che il Consiglio federale abbia ottenuto garanzie sufficienti in materia di diritto internazionale. Il concetto di attuazione a livello nazionale è tuttavia insufficiente e deve essere sostanzialmente rielaborato, in particolare per quanto riguarda il recepimento dinamico del diritto e il coinvolgimento del Parlamento in tal senso. È indispensabile che le commissioni parlamentari competenti, i Cantoni e il pubblico siano informati precocemente sugli sviluppi giuridici all’interno dell’Ue, sostiene il partito di Philipp Bregy. Questo monitoraggio – aggiunge – deve essere completato, da un lato, da una rappresentanza parlamentare all’interno della Missione della Svizzera a Bruxelles e, dall’altro, dalla partecipazione sistematica del Parlamento a tutte le fasi del processo di “decision shaping”, ovvero nell’elaborazione delle decisioni.

Questo concetto di monitoraggio – continua il Centro – consente al Parlamento, ai Cantoni e alla società civile di identificare in anticipo gli sviluppi controversi del diritto europeo, di discuterne a livello politico e di fornire direttive d’azione al Consiglio federale. Per il Centro, si tratta di molto più di una questione tecnica: è un imperativo in termini di politica democratica.

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