Non c’è accordo su contratto, lavoratori edili votano per sciopero

Malgrado diversi round di trattative sul nuovo Contratto nazionale mantello (CNM) dell'edilizia, non si intravvede alcun accordo. Quasi il 90% dei lavoratori si è quindi espresso in favore di misure di sciopero, informano oggi i sindacati.
(Keystone-ATS) L’edilizia, scrivono in un comunicato Unia e Syna, rischia di precipitare in una situazione di vuoto contrattuale, come non accadeva da oltre un decennio. Il CNM scade a fine 2025 e deve essere rinegoziato entro questa scadenza, viene precisato.
Benché un muratore su due abbandoni la professione, la Società degli impresari costruttori si oppone a orari di lavoro compatibili con la vita privata, è l’accusa lanciata dai sindacati. La grande maggioranza degli edili si è pertanto pronunciata a favore di misure di sciopero, nel corso di una votazione tenutasi a livello nazionale nelle scorse settimane che ha coinvolto 20’000 collaboratori.
I primi giorni di protesta cominceranno già la prossima settimana: lunedì saranno gli edili ticinesi a incrociare le braccia. Il 31 ottobre sarà la volta di Berna, il 3 e 4 novembre di tutta la Svizzera romanda, il 7 novembre della Svizzera nordoccidentale e il 14 novembre di Zurigo e di altre regioni della Svizzera tedesca.
Se i datori di lavoro continueranno a non voler trovare una soluzione negoziale alla crisi del personale, nel 2026 si prospetta poi uno sciopero nazionale del settore, avvertono i sindacati. “I lavoratori non sono disposti ad accettare né un protrarsi degli attuali problemi né un ulteriore peggioramento delle loro condizioni”, ha dichiarato, citato nel comunicato, Michele Aversa, coresponsabile dell’edilizia presso Syna.
Giornate troppo lunghe
La garanzia di orari di lavoro accettabili è il fulcro del conflitto in atto, con i dipendenti che lamentano giornate troppo lunghe. Si arriva “fino a nove ore nei mesi estivi di maggiore calura, in più ore supplementari e tempi di viaggio dall’azienda al cantiere”, spiega Nico Lutz, responsabile delle trattative e membro del Comitato direttore di Unia. Non stupisce che in molti edili lascino la professione, aggiunge.
Entrando nel concreto, sono diverse le rivendicazioni avanzate dagli edili. Per quanto riguarda la durata delle giornate, la richiesta è che non si vada oltre le otto ore. Stop anche al tempo di viaggio non retribuito fino al cantiere, che attualmente viene pagato solo dopo 30 minuti e non rientra nell’orario. I lavoratori vogliono anche che la pausa mattutina sia rimunerata e che la compensazione del rincaro sia garantita per salvaguardare il potere d’acquisto.
Ben diversa la posizione della Società degli impresari costruttori. Essa vorrebbe infatti inserire una serie di punti che la controparte ritiene peggioramenti sostanziali: fino a 50 ore alla settimana, quasi il doppio delle ore supplementari con una retribuzione inferiore, lavoro su chiamata, abolizione del supplemento salariale generale del 25% per il lavoro il sabato e licenziamento facilitato degli over 55.
Crisi di personale
Durante la quarta tornata di trattative che si è tenuta questa settimana (il quinto e ultimo ciclo è in calendario per il 28 ottobre), gli impresari costruttori hanno rincarato la dose, lamentano Unia e Syna: per gli operai qualificati, gli stipendi minimi dovrebbero poter essere inferiori fino al 25% per cinque anni dopo la fine dell’apprendistato.
E questo malgrado la crisi del personale nel ramo sia ben nota, evidenziano i sindacati, dato che un muratore su dieci abbandona la professione entro i primi cinque anni dalla fine dell’apprendistato, una quota tre volte superiore alla media nazionale. Stando alle stime, entro il 2040 mancherà un terzo della manodopera specializzata necessaria.
L’attuale CNM, che disciplina i salari e le condizioni dei circa 80’000 edili attivi in Svizzera impiegati nell’edilizia, nel genio civile, nelle costruzioni stradali e nei lavori in sotterraneo, è entrato in vigore il 1° gennaio 2023. Il tavolo dei negoziati vede Unia e Syna da un lato e la Società degli impresari costruttori dall’altro. Circa il 70% degli impiegati in questo settore è affiliato a un sindacato, il che rende l’edilizia il ramo con il più alto grado di organizzazione in tal senso di tutto il Paese.