Morta l’ex pantera nera Shakur, rifugiata da 40 anni a Cuba

Il governo di Cuba ha annunciato la morte di Joanne Chesimard (nata Joanne Deborah Byron), meglio conosciuta come Assata Olugbala Shakur, ex militante delle "Black Panther" negli Usa.
(Keystone-ATS) Shakur era stata condannata negli Stati Uniti per l’uccisione di un agente di polizia avvenuta negli anni ’70. Aveva 77 anni ed era rifugiata a L’Avana da oltre quaranta.
La notizia è stata diffusa in un comunicato del ministero degli Esteri secondo cui il decesso è avvenuto per “un peggioramento dello stato di salute a causa dell’età”.
Shakur, fuggita dal carcere nel 1979 e rifugiata a Cuba, era una figura controversa: per i movimenti afroamericani una figura di resistenza e di lotta contro la discriminazione razziale, per le autorità statunitensi una terrorista latitante.
Washington aveva più volte chiesto l’estradizione, anche più di recente, accusando Cuba di proteggere criminali e ricercati.
Madrina di Tupac Shakur
Zia acquisita e madrina del rapper Tupac Shakur, Assata Shakur era stata protagonista nel 1979 di una clamorosa evasione in cui, secondo le accuse Usa, ebbe un ruolo anche l’italiana Silvia Baraldini. Già ricercata per una serie di rapine, l’ex “mamma chioccia” del Black Liberation Army era stata condannata da una giuria di soli bianchi al carcere a vita per aver ucciso “a sangue freddo” nel 1973 il poliziotto Werner Foerster che l’aveva fermata mentre guidava con altri due “Pantere” sulla New Jersey Turnpike.
Nel 1979, due anni dopo la condanna, Assata era riuscita a evadere da una prigione di Clifton, nel New Jersey, con l’aiuto del fratello, Mutulu Shakur, il patrigno del rapper Tupac, e con la Baraldini al volante dell’auto che la portava verso la libertà. Era ricomparsa a Cuba e nel 1984 e Fidel le aveva concesso l’asilo politico. Assata era stata inserita una decina di anni fa nella lista dei terroristi super-ricercati dell’Fbi in coincidenza con il 40esimo anniversario dell’uccisione di Foerster.
Complice la parentela con Tupac, il rapper ucciso a Las Vegas nel 1996, la donna è sempre rimasta una figura popolare nel mondo spesso macchiato di sangue dei musicisti rap americani. Non erano parenti di sangue, ma lei era molto legata alla famiglia e, secondo il New York Magazine, fu l’ispiratrice di “A Song for Assata” dell’artista hip hop Common. Con le parole “Your power and pride is beautiful”, il brano fece discutere quando Michelle Obama invitò il cantante alla Casa Bianca per una serata di poesia.