Mance al ristorante: chi lavora in cucina vorrebbe ricevere di più

Nei ristoranti svizzeri le mance vengono spesso divise fra chi lavora in sala e i dipendenti in cucina, ma chi opera ai fornelli vorrebbe ricevere una percentuale più alta di quanto avviene attualmente.
(Keystone-ATS) È quanto emerge da un’indagine condotta dalla Banca Cler e da ZHAW, la scuola universitaria professionale di scienze applicate di Zurigo.
Sebbene in Svizzera nei ristoranti il servizio sia compreso nel prezzo dal 1974, molti clienti continuano a lasciare mance a titolo volontario, per un totale di circa un miliardo di franchi all’anno. Questo denaro è un’importante fonte di reddito per il personale: non esistono però disposizioni di legge che stabiliscano come il flusso debba essere distribuito all’interno di una struttura, cosa che all’atto pratico è spesso all’origine di incertezze e discussioni.
La ricerca mostra chiaramente che le mance non vanno più solo a beneficio del personale di sala: nel 95% delle strutture anche altri addetti, in particolare quelli che lavorano in cucina, ricevono una quota. Oltre il 50% delle attività applica una ripartizione percentuale delle mance: in quasi la metà di esse, i camerieri ricevono almeno l’80%, mentre un locale su cinque divide equamente le mance tra chi è in sala e chi svolge altre funzioni.
A una domanda riguardo alla giusta ripartizione delle mance tra il personale di sala e i lavoratori non a contatto con i clienti, il 63% degli intervistati ha risposto dichiarando che i camerieri dovrebbero ricevere più della metà, mentre il 24% considera corretta una suddivisione di 50/50. Emerge però una divergenza di opinioni tra chi serve in sala e chi opera in cucina: la maggioranza di questi ultimi ritiene appropriata una ripartizione 50/50, mentre il personale di sala preferirebbe un 70/30 a proprio favore.
“È interessante notare che il personale di sala sarebbe disposto a cedere una quota maggiore delle mance rispetto a quanto fa oggi”, commenta Marcel Stadelmann, esperto di mezzi di pagamento presso la ZHAW, citato in un comunicato di Banca Cler. “Attualmente, in media, almeno il 75% delle mance rimane ai camerieri, ma molti di loro si accontenterebbero anche del 70%”.
La percezione dell’equità è strettamente legata alla motivazione e alla soddisfazione dei lavoratori. Complessivamente, il 74% degli intervistati ritiene che la distribuzione delle mance nella propria struttura sia quantomeno “piuttosto equa”. Il personale di sala dà una valutazione più positiva sulle attuali abitudini di ripartizione, mentre la brigata di cucina è più critica. Il motivo? Chi lavora ai fornelli dà un contributo determinante all’esperienza dei clienti, ma di solito riceve meno del 50% delle mance auspicato dalla maggioranza dei rappresentanti della categoria.
Da un’indagine condotta tra i clienti è emerso che la metà degli intervistati non ha mai riflettuto su chi debba ricevere la propria mancia. Se viene chiesto loro di esprimersi in merito, il 90% desidera ricompensare con la mancia la persona che li ha serviti, ma solo il 40% vorrebbe darle l’intero importo. Più della metà auspica che anche il personale di cucina riceva qualcosa, mentre il 39% vorrebbe riservare una quota anche ai lavapiatti. Quasi nessuno auspica che la propria mancia vada a beneficio della struttura stessa o del proprietario.
Qualora fosse garantita una distribuzione equa tra tutti i collaboratori, il 58% dei clienti sarebbe anche disposto a lasciare mance più generose. Opzioni come la possibilità di dare indicazioni riguardo alla distribuzione delle mance tra il personale tramite codice QR sono considerate interessanti dai clienti più giovani, mentre le generazioni più anziane non vi vedono alcun valore aggiunto.
“Se la modalità di distribuzione delle mance nel settore della ristorazione viene comunicata in modo chiaro e attuata con coerenza, il personale si sentirà più motivato e i clienti saranno più generosi”, commenta il Ceo di Banca Cler Samuel Meyer, a sua volta citato nella nota. Per le aziende ciò significa che il modello di distribuzione, preso da solo, non è determinante: ciò che conta è l’attuazione trasparente. È quindi consigliabile mettere per iscritto le regole di ripartizione, ad esempio nel contratto di lavoro o nel regolamento della struttura. Norme chiare, una partecipazione equa di tutti i soggetti interessati e una comunicazione aperta rafforzano la fiducia all’interno del team e tra i clienti, concludono i ricercatori.