Lilo Baur: “Amo trasmettere la mia passione per questo mestiere”
La regista teatrale argoviese Lilo Baur porta in scena da diversi anni pièce teatrali e opere liriche soprattutto sui palchi di Parigi e della Svizzera romanda. Baur riceverà il Gran Premio svizzero delle arti sceniche / Anello Hans Reinhart questa sera a Zugo.
(Keystone-ATS) Durante l’incontro virtuale con Lilo Baur la passione, contagiosa, per il teatro traspare dalla mimica, dai gesti che fa nel rispondere alle domande e nel parlare delle sue messinscene.
Improvvisazione
Baur, classe 1958, ha lavorato fino al 2000 con la prestigiosa compagnia londinese Théâtre de Complicité, con la quale è più volte stata internazionalmente ricompensata, ad esempio per il suo ruolo di protagonista in “The Three Lives of Lucie Cabrol” (1994).
Nel corso della sua carriera ha calcato anche la scena del Shakespeare’s Globe di Londra, un teatro particolare per la sua configurazione all’aperto nonché la vicinanza con gli spettatori. “C’era sempre un’interazione con il pubblico”, afferma. “È un teatro molto immediato e diretto, un po’ come nella commedia dell’arte”.
Lilo Baur si è formata alla Scuola internazionale di teatro Jacques Lecoq a Parigi, fondata sul teatro fisico e dove l’improvvisazione gioca un ruolo centrale. Essenziale nel modo di lavorare di Lecoq è “l’osservazione”, precisa. “È un risveglio dei sensi, bisogna osservare e soprattutto analizzare il corpo”. Piuttosto che illustrare lei stessa determinati movimenti o scene, Baur preferisce coinvolgere direttamente gli attori tramite l’improvvisazione, evitando così la mera imitazione: “Do agli attori delle chiavi d’accesso ed elaboro con loro i i personaggi e i singoli movimenti”.
Dal palco alla regia
In Francia, come attrice, Baur ha collaborato soprattutto con Peter Brook: si è trattato in gran parte di un lavoro interiore.”Bisogna conoscere anche il silenzio del corpo”, spiega.
Il passo dalla carriera di attrice a quello di regista è giunto in un momento di rimessa in discussione nella vita di Baur. Nel 2003, in Grecia, le è stato chiesto di affiancare il regista teatrale Thomas Moschopoulos, proposta che ha accettato. Da lì ha creato la sua prima messinscena e da allora non ha più smesso.
Nel 2019-2020 è tornata sul palco come attrice, dopo 16 anni di pausa. Lo ha fatto in Giappone, a Taiwan e a New York su invito di Hideki Noda, direttore artistico del Tokyo Metropolitan Theatre. Nella pièce “One Green Bottle”, Baur interpreta un uomo, un maestro del teatro tradizionale nipponico Kabuki, che ama Disneyland.
“Ogni mattina per una mezz’ora dovevo allenarmi nell’aprire il ventaglio”, precisa, mostrandomi anche un video in cui è sul palco in compagnia di un anziano maestro del teatro Nō, ancora più antico del Kabuki, che le insegna come camminare e come muovere il ventaglio. “È stato davvero incredibile vivere questa esperienza”.
“L’Avare”
Dal 2010 Baur lavora regolarmente per la Comédie-Française di Parigi. Nella stagione 2024/25 è in cartellone la sua messinscena de “L’Avare” (“L’avaro”) di Molière, spettacolo creato nel 2022 in occasione dei 400 anni dalla nascita del celebre drammaturgo e attore.
“Rileggendo la pièce mi sono detta: è talmente attuale”. Nella sua interpretazione registica Arpagone “è un banchiere elvetico del secondo dopoguerra ossessionato dalla sua cassetta nascosta in giardino”, si legge sul sito della Comédie-Française. “Ho subito pensato a Ginevra, perché è lì che sono custoditi i soldi da tutto il mondo”, dice Baur.
“Attraverso l’improvvisazione, abbiamo scoperto aspetti invisibili alla lettura”. Cita l’esempio di Arpagone che ha paura di Freccia, valletto del figlio Cleante. E Marianna, che costretta a fidanzarsi con Arpagone nonostante sia innamorata del figlio, una volta annunciato il matrimonio inizia a bere per dimenticare.
Opera e teatro
L’argoviese porta in scena anche spettacoli di opera lirica. Le chiediamo quale sia la differenza. “Nell’opera molte cose sono prestabilite, la partitura musicale impone il ritmo”, spiega, “si ha molta meno libertà”. Una cosa rimane però invariata: “Che sia teatro o opera, inizio sempre tramite improvvisazioni con gli interpreti”.
Ad esempio, per “Lakmé” di Léo Delibes e per “Le Petit Prince” (“Il Piccolo Principe”) di Michaël Levinas, entrambe create all’Opera di Losanna nel 2013 e 2014, oppure quest’anno per l'”Armide” di Jean-Baptiste Lully all’Opéra Comique di Parigi, “ho riflettuto con i cantanti in brevi momenti d’improvvisazione sull’amore nascosto e sui vari modi di esprimerlo”. Baur coinvolge spesso anche danzatori che evidenziano la dimensione fisica e ritmica dello spettacolo. “Ho un grande rispetto per la musica, trovo sia molto importante e penso che guidi l’intera azione scenica”, afferma.
Anello Hans Reinhart
Infine, chiediamo a Lilo Baur cosa rappresenti per lei il Gran Premio svizzero delle arti sceniche / Anello Hans Reinhart, riconoscimento che le verrà conferito giovedì prossimo dall’Ufficio federale della cultura in cooperazione con la Società Svizzera di Studi Teatrali e in presenza del Consigliere federale Ignazio Cassis. “È immenso, ancora oggi sono un po’ sorpresa, non me l’aspettavo”, dice. “Poter vivere della propria passione è un lusso, è incredibile che sia possibile”, aggiunge.
“È anche un riconoscimento per tutto quello che i miei genitori mi hanno dato”, conclude emozionata.