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Libertà sindacale, Svizzera fa passi indietro

Keystone-SDA

(Keystone-ATS) La Svizzera fa passi indietro in materia di diritti dei lavoratori.

In una classifica stilata dalla Confederazione sindacale internazionale (CSI) il paese di Guglielmo Tell vede scendere da 2 a 3 il suo voto su una scala di sei posizioni che va da 1 (giudizio migliore) a 5+ (peggiore).

Il risultato elvetico è negativo, sottolinea in un comunicato odierno l’Unione sindacale svizzera (USS) in occasione di una conferenza dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) in corso a Ginevra. Concretamente il voto 3 significa che vi sono regolari violazioni dei diritti.

La ragione dell’arretramento è da ricercare nell’inadeguata protezione contro i licenziamenti abusivi, un fenomeno che secondo la CSI dura ormai da anni. “La Confederazione non rispetta i suoi obblighi internazionali e permette che i dipendenti che si battono per i loro colleghi vengano puniti arbitrariamente e perdano il posto di lavoro”, si legge nella nota.

Secondo il rapporto della CSI nell’ultimo periodo di riferimento 21 persone sono state licenziate ingiustamente in Svizzera perché erano attivisti sindacali e si battevano per i diritti collettivi stabiliti nei contratti collettivi di lavoro (CCL). Ma il numero di licenziamenti abusivi non dichiarati, compresi quelli antisindacali, è probabilmente molto più alto, poiché la Svizzera non tiene statistiche in merito, argomenta l’USS. L’organizzazione esorta quindi il Consiglio federale ad agire rapidamente per applicare le raccomandazioni dell’ILO.

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