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Julius Bär potrebbe acquisire EFG, ma ha senso? Esperti divisi

Keystone-SDA

(Keystone-ATS) Da settimane sul mercato finanziario elvetico si specula su una possibile acquisizione del gestore patrimoniale EFG International, con sede a Zurigo, da parte del suo concorrente Julius Bär.

I pareri degli esperti rimangono discordanti circa l’opportunità di una simile transazione per la banca più grande.

Le azioni di entrambe le società – ben conosciute anche in Ticino – hanno registrato forti sbalzi di corso, soprattutto ieri, in seguito alle nuove notizie diffuse dai media. Mentre i titoli Julius Bär hanno subito un forte calo (-5,3% ieri), quelli di EFG sono salite (+5,5%). Oggi entrambi i valori si presentano in ribasso moderato. Secondo gli osservatori le recenti vendite di azioni proprie da parte della dirigenza di EFG depongono a sfavore di un’imminente acquisizione: nelle trattative in corso queste operazioni sarebbero infatti probabilmente considerate insider trading.

L’acquisizione di EFG potrebbe essere una sorta di liberazione per Julius Bär, dopo le turbolenze legate alle perdite di credito conseguenti al crollo del gruppo immobiliare austriaco Signa. La banca ha cercato di porre rimedio operando una rettifica di valore di 606 milioni e allontanando il Ceo Philipp Rickenbacher a febbraio. Ma l’analista di Vontobel Andreas Venditti, interpellato dall’agenzia Awp, ritiene che la vicenda non sia ancora del tutto archiviata nella mente dei clienti.

D’altra parte la reazione nettamente negativa della borsa in relazione a Julius Bär è probabilmente dovuta anche all’aumento di capitale che sarebbe necessario in caso di acquisizione. L’esperta Anke Reingen di Royal Bank of Canada (RBC) ha calcolato in un commento che l’impresa dovrebbe aumentare il numero delle sue azioni di ben il 43% in caso di acquisto di EFG finanziato esclusivamente con capitale proprio, a un prezzo di 5 miliardi di franchi.

D’altra parte con la fusione Julius Bär otterrebbe anche un nuovo Ceo: il presidente della direzione di EFG Giorgio Pradelli è da tempo considerato uno dei principali candidati alla posizione di numero uno del gruppo bancario zurighese, vacante da mesi. Negli ultimi anni Pradelli ha realizzato un’inversione di tendenza con EFG, che ha portato a un netto aumento del corso dell’azione, sottolinea Thomas Hallett, analista della società di investimenti KBW, in un commento.

A suo avviso la fusione avrebbe senso anche dal punto di vista finanziario. Con l’acquisizione, l’istituto guadagnerebbe chiaramente in dimensioni e sarebbe probabilmente in grado di realizzare sinergie e risparmi sostanziali. Con patrimoni gestiti per di 471 miliardi di franchi, Julius Bär è attualmente molto più grande di EFG, ferma a 158 miliardi.

Sebbene la fusione sembri buona sulla carta, è discutibile dal punto di vista strategico, ribatte Reingen di RBC. Sulla scia della crisi di Credit Suisse, Julius Bär ha puntato molto sul reclutamento di nuovi consulenti alla clientela. La fusione con EFG renderebbe molto discutibile l’efficacia di questo approccio. Anche i fattori culturali non vanno trascurati: presso EFG i consulenti alla clientela lavorano in modo molto indipendente e ricevono anche bonus elevati se il loro lavoro ha successo. Dovrebbero essere motivati a rimanere dopo una fusione.

Per quanto riguarda EFG, il ruolo decisivo spetta alla famiglia greca Latsis, che detiene circa il 45% delle azioni di EFG. Secondo Venditti la vendita della banca sarebbe attualmente interessante per i proprietari: “Negli ultimi dieci anni, probabilmente non c’è mai stato un momento migliore per uscire”.

Dal punto di vista di Julius Bär, la situazione è un po’ diversa. Negli ultimi anni, la differenza di valutazione delle azioni EFG rispetto alle azioni della banca si è costantemente ridotta, afferma Venditti. “Cinque anni fa l’acquisizione sarebbe stata molto più interessante nell’ottica finanziaria”.

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