Israele ha attaccato Gaza, fine della tregua, oltre 400 morti

Oltre 400 persone sono rimaste uccise in attacchi aerei avviati la scorsa notte dalle forze israeliane a Gaza.
(Keystone-ATS) Il ministero della sanità della Striscia, gestito dal movimento islamista Hamas, ha annunciato sulla piattaforma di messaggistica Telegram che finora 404 morti e 562 feriti sono arrivati negli ospedali della Striscia.
“Finora sono 404 i martiri e 562 i feriti giunti negli ospedali della Striscia di Gaza, a seguito dei molteplici attacchi e massacri commessi dall’occupazione nelle prime ore di oggi nella Striscia di Gaza. Diverse vittime sono ancora sotto le macerie e sono in corso le operazioni di recupero”, si legge in un comunicato stampa.
L’esercito dello stato ebraico ha fatto sapere di aver messo a segno “attacchi su vasta scala contro obiettivi terroristici di Hamas nella Striscia di Gaza”, dopo aver ricevuto ordini dal premier Benjamin Netanyahu e dal ministro della difesa Israel Katz di “agire con forza” contro il movimento islamista.
“Questo segue il ripetuto rifiuto di Hamas di rilasciare i nostri ostaggi e il suo rifiuto di tutte le proposte ricevute dall’inviato del presidente degli Stati Uniti (Donald Trump), Steve Witkoff, e dai mediatori”, ha fatto sapere l’ufficio del premier israeliano, affermando in una nota di voler “raggiungere gli obiettivi di guerra come stabilito dalla leadership politica, incluso il rilascio di tutti i nostri ostaggi, sia i vivi che i morti”.
Capo del governo nella Striscia ucciso nei raid
Hamas ha annunciato che il suo capo di governo a Gaza è stato ucciso negli attacchi lanciati la notte scorsa dall’esercito israeliano, riferisce l’agenzia di stampa France-Presse (Afp). L’ufficio informazioni del governo di Hamas ha poi indicato che negli attacchi sono morti diversi alti funzionari governativi. Si tratta di Issam a-Dalis, capo del monitoraggio delle attività governative e membro dell’ufficio politico di Hamas, Ahmed al-Hatta, sottosegretario del ministero della giustizia, Mahmoud Abu Watfa, sottosegretario del ministero degli interni, e di Bahjat Abu Sultan, direttore generale del Meccanismo di sicurezza interna.
Il movimento islamista ha accusato Israele di aver “deciso di affossare” la tregua in Medio Oriente. Un alto funzionario dell’organizzazione islamista ha detto che lo stato ebraico ha deciso di sacrificare i suoi ostaggi. La scelta del premier Netanyahu “di riprendere la guerra è la decisione di sacrificare i prigionieri dell’occupazione e imporre loro una condanna a morte”, ha affermato Izzat al-Rishq aggiungendo che il premier dello stato ebraico sta usando i combattimenti nell’enclave palestinese come una “scialuppa di salvataggio” politica per distrarre dalle crisi interne di Israele.
Finora Hamas non ha risposto agli attacchi israeliani.
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Tre obiettivi di Israele, in coordinamento con USA
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Secondo fonti della sicurezza citate dai media israeliani, l’attacco a sorpresa ha tre obiettivi principali. Il primo è creare una pressione militare che superi la situazione di stallo nei negoziati sul rilascio degli ostaggi detenuti nell’enclave palestinese. I bombardamenti aerei sono stati effettuati in luoghi in cui le forze armate e i servizi segreti israeliani ritengono di non aver messo in pericolo la vita degli ostaggi.
Il secondo obiettivo è far capire che Israele agirà non solo contro Hamas come organismo militare, ma anche come governo civile. Nella notte, infatti cinque alti funzionari dell’amministrazione civile e politica dell’organizzazione sono stati eliminati, dimostrando che Israele non fa distinzioni tra i vertici militari e politici del movimento islamista. L’attacco serve anche come segnale ai mediatori, e in particolar modo all’Egitto, che Israele si oppone al fatto che Hamas rimanga come organismo governativo o militare nella Striscia di Gaza “il giorno dopo”.
Terzo obiettivo è quello di creare una forte pressione militare, in coordinamento e in congiunzione con gli Stati Uniti, su tutti gli elementi rimanenti nell’asse della resistenza sciita. Vale a dire, sugli Houthi in Yemen, Hamas e l’Iran. Il coordinamento con gli Stati Uniti deriva, tra le altre cose, dal desiderio dell’amministrazione statunitense di mostrare agli attori regionali e ad altri che la minaccia del presidente Donald Trump di “aprire le porte dell’inferno” non era una frase vuota, e che questi sono passi pratici che esigeranno un prezzo elevato da Hamas, dagli Houthi e anche dall’Iran stesso.