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Israele blocca fornitura elettricità a Gaza a vigilia dei colloqui

Keystone-SDA

Israele taglia le forniture di elettricità a Gaza a poche ore dagli incontri di Doha dove si tenterà di sbloccare i negoziati per l'eventuale fase 2 del cessate il fuoco.

(Keystone-ATS) Colloqui difficili a cui prenderà parte anche l’inviato del presidente USA Donald Trump Steve Witkoff, nonché una delegazione israeliana di alto livello, di cui fanno parte il responsabile del governo per la liberazione degli ostaggi, Gal Hirsch, un alto funzionario dello Shin Bet, noto come “M”, e il consigliere politico del premier Benyamin Netanyahu Ophir Falk.

Ma le prospettive per un’estensione della tregua o l’avvio della “fase 2” degli accordi – che il governo israeliano non sembra voler concedere, in quanto prevedono il ritiro dalla Striscia – sono assai fosche. Se Hamas ha offerto la liberazione di 10 ostaggi vivi in cambio di altri due mesi di tregua (proposta che sarebbe stata delineata nel corso di contatti con gli USA, secondo media israeliani e arabi), Israele punta a non lasciare spazi alla milizia islamica, che ha in mano ancora 59 ostaggi, con misure durissime.

Il ministro dell’energia israeliano Eli Cohen ha infatti ordinato alla Israel Electric Corporation di interrompere la fornitura di energia elettrica alla Striscia. “Utilizzeremo tutti gli strumenti a nostra disposizione affinché tutti gli ostaggi tornino e ci assicureremo che Hamas non sia a Gaza nel ‘giorno dopo’”, ha dichiarato Cohen in un videomessaggio. Una mossa che arriva pochi giorni dopo che Israele ha deciso il blocco dell’ingresso degli aiuti umanitari e altre merci a Gaza, accusando Hamas di rifiutare una proposta per prolungare la prima fase dell’accordo di cessate il fuoco e rilascio degli ostaggi. Minacciando “ulteriori conseguenze” e un possibile ritorno alla guerra.

L’unica voce ottimista è oggi quella dell’inviato di Donald Trump per gli ostaggi, Adam Boehler, che in un’intervista alla CNN ha detto di vedere la possibilità di un nuovo accordo che porti alla liberazione di tutti i prigionieri: “Penso che qualcosa potrebbe esserci tra poche settimane”, ha spiegato. “Direi che c’è abbastanza per fare un accordo fra quello che Hamas vuole e ha accettato e quello che Israele vuole e accetta”, ha messo in evidenza.

Ad aumentare la pressione su Hamas, il ministro delle finanze israeliano Bezalel Smotrich, il falco di estrema destra, che ha dichiarato che il governo sta lavorando per creare un'”amministrazione per la migrazione” che sovrintenderà all’esodo dei residenti palestinesi dalla Striscia di Gaza, uno degli obiettivi del piano Trump per trasformare la zona “nella Riviera del Medio Oriente”. Smotrich ha affermato che la questione del bilancio per il piano “non sarà un ostacolo” e ha definito il compito logisticamente “complesso”: “Se facciamo uscire 5’000 gazawi al giorno, ci vorrà un anno”, ha spiegato.

“Il processo di emigrazione da Gaza inizierà nelle prossime settimane”, aveva già dichiarato il mese scorso in un’intervista a Channel 12, aggiungendo: “I gazawi non avranno nulla da cercare a Gaza nei prossimi 10-15 anni. Dopo che riprenderemo i combattimenti e tutta Gaza sembrerà Jabalia, non avranno più nulla da cercare lì”.

Intanto, a ricordare la fragilità estrema della tregua, l’IDF ha condotto oggi un attacco aereo contro presunti militanti che piazzavano un ordigno esplosivo nel nord di Gaza. “Stamattina, diversi terroristi sono stati identificati mentre operavano in prossimità delle truppe dell’IDF e tentavano di piazzare un ordigno esplosivo nel terreno nel nord di Gaza”, ha affermato l’esercito in un comunicato, aggiungendo che un aereo israeliano “ha colpito i terroristi”.

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