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Iran: giallo sul capo pasdaran, ‘ferito con Safieddine’

Keystone-SDA

(Keystone-ATS) Con 73 tonnellate di esplosivo sganciate dai caccia israeliani su Beirut, il raid della notte tra giovedì e venerdì è stato quello più potente inferto a Hezbollah. E forse anche all’intero Asse della Resistenza.

Dopo il colpo grosso della settimana scorsa con l’uccisione del leader del partito di Dio Hassan Nasrallah, l’Idf avrebbe ucciso anche il suo successore designato, Hashem Safieddine, e il capo dell’intelligence del partito di Dio, Hajj Mortada, che si trovava con lui.

E sotto le macerie del bunker di al-Marija, nel quartiere Dahiyeh a sud di Beirut, si sarebbe trovato anche il comandante delle Forze Quds dei pasdaran iraniani, Esmail Qaani, l’uomo che sostituì il potente generale Qassem Soleimani, a sua volta ucciso in un raid americano a Baghdad nel 2020.

Hezbollah ha reso noto di aver perso i contatti con Safieddine da quel massiccio attacco. “Stiamo tentando di raggiungere la sede che è stata colpita sotto terra, ma Israele conduce sistematicamente nuovi raid per ostacolare gli sforzi dei soccorritori”, ha invece detto una fonte di alto livello del gruppo sciita all’Afp, mentre l’Idf giura di continuare a colpire i miliziani sciiti “senza sosta”. I media israeliani riferiscono che i vertici della sicurezza dello Stato ebraico sono certi di averlo eliminato, anche se il portavoce dell’Idf Daniel Hagari ha dichiarato questa sera che l’esercito sta ancora esaminando il risultato dell’attacco.

Sul generale Qaani invece sono ancora in corso verifiche, ha riferito la tv israeliana Channel 12, secondo cui, sotto quella potenza di fuoco, sarebbe rimasto per lo meno ferito. Sessantasette anni, Qaani è colui che muove i fili dei proxy dell’Iran nella regione – da Hezbollah ad Hamas, dagli Houthi yemeniti alle milizie in Iraq e Siria – confluiti nell’Asse della Resistenza che da un anno prende di mira Israele – od obiettivi ad esso collegati – con razzi e missili, per un’asserita solidarietà al popolo palestinese: “Non permetteremo al nemico di raggiungere i suoi obiettivi in Palestina, in particolare a Gaza”, tuonava Qaani circa un anno fa, all’indomani dell’ingresso delle truppe israeliane nella Striscia.

Qaani si trovava a Beirut da alcuni giorni per coordinare la risposta di Hezbollah alla nuova campagna di Israele in Libano. Già la settimana scorsa alcune speculazioni sui social media lo avevano dato per morto nello stesso raid che aveva ucciso Nasrallah, costringendo l’agenzia iraniana Tasnim, vicina ai Guardiani della Rivoluzione islamica, a smentire: “Il comandante della Forza Quds è al sicuro”, avevano riferito “fonti di sicurezza informate”. Di certo c’è che in quell’attacco del 27 settembre contro la roccaforte di Hezbollah è rimasto ucciso il suo vice, il generale Abbas Nilforoushan, la cui morte – insieme a quella di Nasrallah – ha scatenato la risposta di Teheran che il primo ottobre ha lanciato quasi 200 missili su Israele. E mentre il governo di Benyamin Netanyahu e i vertici militari stanno preparando la contro risposta all’Iran, per il regime degli ayatollah l’uccisione di Qaani sarebbe una nuova onta da lavare con un’azione più o meno dimostrativa. In una spirale di guerra che appare senza fine.

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