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Iran: boicottaggi e scarsa affluenza segnano il voto

Keystone-SDA

(Keystone-ATS) L’orario di chiusura delle votazioni è stato costantemente posticipato ma pare che la maggior parte degli iraniani abbia disertato le urne anche al ballottaggio delle presidenziali.

Già una settimana fa era stata registrata l’affluenza più bassa della storia della Repubblica islamica, con meno del 40% degli aventi diritto che aveva espresso una preferenza.

Una catastrofe elettorale ammessa, seppur timidamente, nei giorni scorsi anche dalla stessa Guida Suprema, Ali Khamenei, che ha invitato la popolazione a recarsi in massa alle urne per il ballottaggio dove il riformista Masoud Pezeshkian, che ha raccolto il maggior numero di voti al primo turno, sfida Saeed Jalili, ultraconservatore e rappresentante dello stesso Khamenei nel Consiglio supremo di Sicurezza nazionale.

Contrariamente a quanto annunciato dal portavoce del comitato elettorale statale, Mohsen Eslami, secondo cui la partecipazione popolare è aumentata durante il giorno rispetto al primo turno, i video diffusi sui social media indicano una bassa affluenza alle urne, nonostante sia stato consentito a Pezeshkian di candidarsi per aumentare i votanti e un politico importante come Javad Zarif, ex ministro degli Esteri e firmatario dell’accordo sul nucleare iraniano del 2015, abbia lanciato numerosi appelli per tentare di convincere la popolazione a votare per il candidato riformista.

Le immagini diffuse mostrano seggi vuoti o con pochissime persone in molte città, tra cui Teheran, Karaj, Eslamshahr, Marand, Shiraz, Isfahan, Rasht, Mashhad e Mahshahr, mentre la partecipazione è stata quasi inesistente nelle province del Kurdistan e del Sistan-Baluchestan.

Oltre agli appelli per boicottare le elezioni da parte degli attivisti della diaspora iraniana all’estero, anche i più noti prigionieri politici rinchiusi nel famigerato carcere di Evin a Teheran – tra cui la premio Nobel Narges Mohammadi, Sepideh Qolian, Mostafa Tajzadeh, Faezeh Hashemi Rafsanjani e altri 100 – si sono rifiutati di votare anche oggi, come hanno fatto anche quelli nel carcere di Ghezelhesar.

Il leader del Movimento Verde del 2009, Mirhossein Mousavi, e sua moglie Zahra Rahnavard, agli arresti domiciliari dal 2010, hanno rifiutato di votare nonostante un seggio mobile sia stato portato nella loro casa. L’attivista politico ed ex detenuto Hossein Ronaghi, in un videomessaggio sulla sua pagina Instagram, ha definito le elezioni un teatrino ridicolo e finto. “La bassa partecipazione è stata una scelta potente delle persone per un cambiamento nel sistema ed è un’espressione di solidarietà per raggiungere la democrazia e la libertà”, ha sottolineato Ronaghi.

Un gran numero di cittadini e attivisti iraniani ritiene che le elezioni non siano democratiche poiché il Consiglio dei Guardiani, l’organo che sceglie chi può competere nelle elezioni ed è da molti ritenuto estremista, consente solo ad un numero limitato di candidati di partecipare alla corsa. Molti cittadini protestano anche contro i presunti brogli mentre è stato condiviso sui social media l’hashtag #ElectionCircus, che invitava a non votare.

Le elezioni sono state convocate anticipatamente dopo la morte in un incidente aereo, il 19 maggio, del presidente ultraconservatore Ebrahim Raisi. Mentre Pezeshkian è dato in vantaggio nei sondaggi, Jalili potrebbe contare sul sostegno raccolto al primo turno da Mohammad Bagher Ghalibaf, candidato conservatore e attuale presidente del Parlamento, che era arrivato terzo e ha invitato i suoi elettori a votare per l’ultraconservatore al ballottaggio, anche se alcuni dei suoi sostenitori hanno a sorpresa dichiarato che avrebbero votato per Pezeshkian.

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