Iniziativa GISO: la parola ai giuristi, “è anticostituzionale”
(Keystone-ATS) Dopo la levata di scudi degli imprenditori miliardari è ora il turno dei professori universitari interrogarsi sull’iniziativa popolare della Gioventù socialista (GISO) che intende introdurre una imposta di successione del 50% per i patrimoni superiori a 50 milioni.
I fondi raccolti sarebbero usati per la politica climatica, ma vi sono dubbi sulla costituzionalità del testo.
Ciò che è molto discusso dell’iniziativa, oltre al suo contenuto in sé, è il fatto che una volta accolta dovrebbe anche essere applicata retroattivamente, ricorda il Blick in un articolo odierno. Questo ha indotto diversi magnati che hanno la gran parte del patrimonio investito in un’azienda familiare ad accarezzare l’idea di abbandonare la Svizzera, per evitare che i loro eredi siano costretti a vendere l’impresa.
“La GISO mi costringe ad emigrare”, aveva detto Peter Spuhler, presidente del consiglio di amministrazione di Stadler Rail. Una dichiarazione a cui ne sono poi seguite altre: hanno preso posizione allo stesso modo Hans-Peter Bertschi, Simon Michel, Magdalena Martullo-Blocher e Thomas Straumann, tutti imprenditori di primo piano e con attività importanti.
La domanda che ci si pone è quindi: Spuhler e gli altri devono davvero emigrare prima della data del voto (che è prevista al più presto nel 2026) per evitare che la loro eredità sia in pericolo? Uno sguardo al testo dell’iniziativa “per una politica climatica sociale finanziata in modo fiscalmente equo (Iniziativa per il futuro)” – questo il nome ufficiale – può far sorgere il dubbio.
Nelle sue disposizioni transitorie, la proposta di modifica costituzionale chiede infatti che la Confederazione e i cantoni emanino disposizioni d’esecuzione concernenti la prevenzione dell’elusione fiscale, in particolare in relazione alla partenza dei contribuenti dalla Svizzera. Inoltre c’è il paragrafo seguente: “Fino all’entrata in vigore delle disposizioni legislative d’esecuzione, il Consiglio federale emana mediante ordinanza le disposizioni d’esecuzione entro tre anni dall’accettazione dell’articolo 129a da parte del popolo e dei cantoni. Le disposizioni d’esecuzione si applicano retroattivamente alle successioni e alle donazioni posteriori all’accettazione dell’articolo 129a”.
Queste frasi sono quindi subito diventate materia di interpretazione per giuristi. “Il testo dell’iniziativa non è formulato in modo tale che un’eredità debba essere tassata retroattivamente”, sostiene Markus Schefer, professore di diritto costituzionale all’Università di Basilea, in dichiarazioni raccolte dal Blick. L’iniziativa chiede sì di prevenire l’elusione fiscale in relazione al trasferimento dalla Svizzera, “ma ciò non può essere applicato retroattivamente alla successione nel suo complesso finché non sono in vigore le disposizioni di attuazione dell’iniziativa”, argomenta il 59enne. Il testo limita espressamente l’effetto retroattivo alle situazioni in cui vengono effettuati lasciti e donazioni: finché questo non è il caso le misure di prevenzione dell’elusione fiscale non hanno effetto retroattivo.
Luzius Cavelti, professore di diritto tributario all’Università di Basilea, è però un po’ più cauto su questo punto. A suo avviso il testo dell’iniziativa non è del tutto chiaro e permane l’incertezza giuridica. “Il Consiglio federale ha comunque ancora un margine di manovra quando si tratta di redigere le disposizioni di attuazione”, indica il 46enne al quotidiano zurighese.
L’esperto ha però un’opinione ancora più netta riguardo al tema. “Da un punto di vista giuridico ritengo che l’iniziativa GISO sia anticostituzionale”, afferma. “Individua un piccolo gruppo di persone interessate e solo questo piccolo gruppo dovrebbe essere tassato. Questo contraddice il principio costituzionale dell’imposizione universale. Tassare i ricchi con un’aliquota superiore alla media attraverso una progressione è ammissibile, ma una tassazione che colpisce solo un piccolo gruppo porta a una disparità di trattamento che è illegale secondo le normative tributarie”, sostiene il docente.
Cavelti sottolinea però come in Svizzera sia consuetudine affrontare tali questioni controverse a livello politico e non deciderle legalmente. Lo specialista fa riferimento in particolare al Tribunale federale, che in varie occasioni ha riscontrato una violazione dei principi costituzionali, senza però intervenire direttamente nelle decisioni che di per sé sono di natura politica.