Il successore di Ermotti come Ceo UBS? “Sarà Khan”, dice esperto
Il successore di Sergio Ermotti alla guida operativa di UBS sarà l'attuale responsabile della gestione patrimoniale globale Iqbal Khan: lo sostiene David Benamou, responsabile degli investimenti di Axiom Alternative Investments, asset manager francese.
(Keystone-ATS) “Khan incarna il profilo di cui UBS ha bisogno: internazionale, orientato alla crescita e proveniente dal settore della gestione patrimoniale”, spiega l’esperto in un’intervista pubblicata oggi dal portale Finews. “Esattamente ciò a cui punta Ermotti con la sua ‘strategia Morgan Stanley'”.
La vicenda dei pedinamenti – l’allora Ceo di Credit Suisse (CS) Tidjane Thiam fece seguire Khan dai detective, quando questi passò da CS a UBS – “non è più un tema”, si dice convinto Benamou. “Naturalmente, nelle nomine dei presidenti delle direzioni la politica ha sempre un ruolo, ma credo che il mercato non lo vedrebbe più in modo negativo”.
Non sarebbe però possibile – chiede il giornalista del portale – che la corsa sia vinta da un candidato esterno? “Per me è improbabile”, risponde l’intervistato. “UBS ha candidati interni forti, credibili ed esperti. Solo se il mercato rifiutasse la strategia statunitense, si potrebbe prendere in considerazione un candidato esterno. Ma in tal caso dovrebbe trattarsi di una personalità di spicco”.
“UBS è in ottima forma dal punto di vista operativo”, argomenta lo specialista. “Gli afflussi netti sono consistenti e l’integrazione di Credit Suisse procede sostanzialmente secondo i piani, nonostante alcuni recenti ritardi nella migrazione dei clienti. I tre pilastri della banca – Svizzera, Asia e Stati Uniti – registrano un andamento positivo. Continuiamo a vedere un potenziale di crescita soprattutto in Asia”.
Due questioni offuscano il quadro. “In primo luogo, l’incertezza giuridica relativa alle obbligazioni AT1 di CS. Il Tribunale amministrativo federale ha stabilito che l’azzeramento di queste obbligazioni è stato illegale. Se questa sentenza fosse confermata, UBS difficilmente ne uscirebbe indenne. La stessa UBS è stata colta alla sprovvista da questa sentenza: la sua comunicazione è apparsa debole”.
“Secondariamente rimane aperta la discussione sulle nuove regole in materia di capitale. Inizialmente l’approccio normativo sembrava eccessivo, ma ora si profila un compromesso più in linea con quello dell’Ue. Ciò sarebbe ragionevole e limiterebbe il fabbisogno di capitale aggiuntivo a 4-7 miliardi di franchi invece dei 26 miliardi inizialmente discussi”.
Questo significa che UBS è sostanzialmente sulla buona strada? “Sì, assolutamente. Dal punto di vista operativo tutto funziona bene. Ermotti persegue un piano chiaro per posizionare UBS a lungo termine sul modello di Morgan Stanley: società leggera dal punto di vista di capitele, globale, focalizzata sulla gestione patrimoniale. Il management è forte, da Iqbal Khan a Rob Karofsky fino a Sabine Keller-Busse. La banca è ben gestita. Il problema è esterno: la regolamentazione e la politica creano incertezza che UBS non può controllare”.
UBS potrebbe spostare la propria sede negli Stati Uniti? “No”, replica l’operatore finanziario. “Questa discussione è stata piuttosto una reazione tattica alle pressioni politiche in Svizzera. A mio avviso, un trasferimento sarebbe controproducente. UBS opera a livello globale, ma la sua base rimane la Svizzera, non da ultimo per il marchio e la fiducia di cui gode in tutto il mondo. Senza la sede elvetica non sarebbe più UBS”.
Benamou giudica “molto positivo” il processo di integrazione di Credit Suisse e dice di non essere sorpreso che stia funzionando. “UBS sapeva esattamente a cosa andava incontro. Inoltre, i settori di attività delle due banche sono molto simili. L’integrazione procede in modo professionale e la comunicazione è trasparente. Ritardi minori nella migrazione dei clienti sono normali in un progetto di questa portata”. UBS lavora in modo accurato, “ma anche perché sapeva a cosa andava incontro: dieci anni di crisi del CS hanno preparato tutti”. I vertici di UBS erano ben al corrente di cosa attendersi con l’acquisizione di Credit Suisse.
“Una volta completata l’integrazione, UBS dovrà compiere il passo successivo. Per me è chiaro: l’attenzione sarà rivolta al mercato americano”, osserva il dirigente. “Sergio Ermotti intende chiaramente espandersi negli Stati Uniti, probabilmente attraverso acquisizioni”, prosegue. “Gli investitori vedono questa mossa con un certo scetticismo, poiché gli Usa sono un mercato rischioso dal punto di vista normativo. Ciononostante, UBS dispone del team e del modello di business necessari per avere successo in questo paese”. Ermotti agisce con cautela. “Aspetta risultati stabili prima di annunciare nuove misure: probabilmente nel 2026 o nel 2027, quindi poco prima della sua uscita di scena”, conclude.
Abbandonata la guida operativa, Ermotti potrebbe però assumere la presidenza del consiglio di amministrazione: in un’intervista pubblicata in settembre da Bilanz l’attuale numero uno dell’organo di sorveglianza Colm Kelleher aveva detto che sarebbe stato lieto se Ermotti subentrasse nel suo ruolo, date le giuste circostanze. A suo avviso è comunque “assolutamente indispensabile avere una combinazione di svizzeri e non svizzeri alla presidenza e al vertice della direzione”: questo per rendere giustizia al carattere internazionale dell’azienda. A questo proposito va notato che Iqbal Khan, pur essendo di origine pakistana, è svizzero (e come Ermotti ha cominciato la carriera con un apprendistato).