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Il Museo Oliveriano di Pesaro rivive anche grazie al contributo svizzero

Lo scorso dicembre a Pesaro è stato riaperto, dopo sette anni, il Museo archeologico Oliveriano. Una riapertura che rappresenta il primo passo verso l’inizio delle celebrazioni di "Pesaro 2024 – Capitale italiana della cultura" e resa possibile anche da un contributo della Svizzera.

Per giungere a tale obiettivo è stato necessario non solo riportare nelle sale di Palazzo Almerici – che ospita il Museo e la Biblioteca dell’Ente Oliveriano – i reperti scavati a fine Ottocento nei pressi della città ma anche quelli trovati nel corso di uno scavo del 2013 che ha interessato la vicina Necropoli di Novilara. Questi ultimi reperti, mai esposti fino ad oggi, sono stati restaurati e studiati grazie al contributo finanziario dell’Ufficio federale della cultura della Confederazione.

Il finanziamento elvetico è arrivato a Pesaro grazie alla partecipazione della Soprintendenza a un bando pubblico, nell’ambito degli accordi bilaterali Svizzera-Italia, che aveva come obiettivo la protezione del patrimonio culturale che si trovava in situazioni di pericolo.

Nel 2013, quando fu pubblicato il bando, erano da poco terminati gli scavi di Novilara – una frazione di Pesaro – iniziati in occasione dell’ampliamento della terza corsia dell’autostrada A14. “Il cantiere dell’autostrada intercettava in pieno la Necropoli Mollaroni già scoperta e scavata dall’allora ispettore regio Edoardo Brizio tra il 1892 e il 1893”, spiega a tvsvizzera.it Fabio Milazzo, restauratore della Soprintendenza delle province di Ancona e Pesaro Urbino.

Con i 100’000 franchi svizzeri donati dal Governo elvetico (che al cambio dell’epoca corrispondevano a circa 85’000 euro) gli esperti e le esperte della soprintendenza hanno potuto completare il restauro dei corredi scavati nel 2012-2013 che al momento dello scavo avevano avuto solo un primo intervento di messa in sicurezza.

“Il restauro di questi materiali è stato di fondamentale importanza perché ci ha permesso di utilizzare metodologie scientifiche innovative che ci hanno offerto l’acquisizione di una serie di dati relativi alle modalità di sepoltura degli oggetti e alle caratteristiche tecnologiche degli oggetti stessi che non era, ovviamente, stato possibile acquisire dai materiali scavati a fine Ottocento”, conclude il dottor Milazzo.

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