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Hamas, trovato corpo di Hadar Goldin, ucciso nel 2014

Keystone-SDA

Il soldato israeliano Hadar Goldin, ucciso da Hamas nel 2014, potrà finalmente ricevere una degna sepoltura, se l'identificazione forense dovesse confermare che il corpo recuperato a Rafah è proprio il suo, come affermano le Brigate al Qassam.

(Keystone-ATS) Una svolta importante non solo per Israele e per la sua famiglia, che poco dopo l’annuncio ha ricevuto la visita del capo di stato maggiore Eyal Zamir, ma anche perché alla restituzione dei suoi resti era stata legata la possibilità che i circa 150 miliziani di Hamas bloccati nei tunnel sotto il lato israeliano della Linea Gialla, controllato dall’IDF, possano ottenere un salvacondotto per uscirne.

Non è chiaro se questo effettivamente sbloccherà la situazione ma, nei giorni scorsi, si erano moltiplicati i messaggi di Israele in tal senso, anche da parte dello stesso Zamir, con gli Stati Uniti in pressing sullo Stato ebraico per trovare una soluzione che faciliti l’avvio della fase due del piano di pace voluto da Donald Trump. Citando una fonte a conoscenza del dossier, Haaretz ricorda inoltre che giovedì la Casa Bianca avrebbe fatto sapere a Hamas che la restituzione del corpo di Goldin avrebbe consentito un passaggio sicuro ai suoi combattenti.

In mattinata media arabi avevano riferito che membri della Croce Rossa e di Hamas si stavano recando nel quartiere Jenina di Rafah per cercare il corpo di un ostaggio nella zona sotto controllo israeliano. “Non c’è nessun accordo, i terroristi nei tunnel devono decidere se arrendersi o morire”, ha commentato un funzionario della sicurezza israeliana con Channel 12.

Con Goldin, tenente della brigata Givati di 23 anni, ucciso in battaglia il primo agosto del 2014 a Rafah durante l’operazione Margine Protettivo, il cui corpo fu trascinato in un tunnel, altre 4 salme di ostaggi restano ancora nella Striscia sui 28 deceduti che Hamas si è impegnato a restituire come parte dell’accordo per il cessate il fuoco. Venerdì sera erano state riconsegnate le spoglie di Lior Rudaeff, riservista e vice responsabile della sicurezza del kibbutz Nir Yitzhak dove fu ucciso il 7 ottobre 2023.

Determinato a “operare per rimuovere qualsiasi minaccia allo Stato di Israele”, l’IDF è intanto tornato a colpire in Libano, stavolta con attacchi “mirati” di droni su veicoli in transito nel sud del Paese dei Cedri. Tre le vittime in diversi raid, secondo fonti libanesi. “Terroristi legati a Hezbollah” coinvolti nel contrabbando di armi e nel riarmo, secondo l’esercito israeliano.

Dal cessate il fuoco raggiunto nel novembre 2024, Israele ha bombardato regolarmente quelle che definisce “infrastrutture terroristiche” di Hezbollah e negli ultimi giorni ha intensificato gli attacchi. Alcuni osservatori ritengono che lo Stato ebraico possa voler attendere la visita di Papa Leone XIV in Libano, prevista a fine novembre, prima di sferrare una nuova massiccia offensiva per impedire a Hezbollah di riarmarsi, riorganizzarsi e tornare a colpire in territorio israeliano, proprio mentre gli Stati Uniti premono per un negoziato con Beirut per il disarmo della milizia.

E si intensificano anche gli attacchi da parte dei coloni israeliani contro i palestinesi in Cisgiordania. Secondo l’ONU, solo a ottobre sono stati 264, con una media di 8 al giorno, che hanno causato vittime e danni alle proprietà: un record da quando le Nazioni Unite hanno iniziato il monitoraggio nel 2006. Israele del resto, nonostante l’altolà di Washington, non nasconde l’intenzione di annettere quei territori palestinesi. “Prima o poi accadrà. Anche l’amministrazione americana capisce che non c’è altra via”, ha dichiarato la ministra dei Trasporti israeliana, Miri Regev, vicina a Benyamin Netanyahu. “Se guardate laggiù, vedrete che stiamo costruendo strade, tangenziali e illuminazione. Stiamo già realizzando la nostra sovranità di fatto”.

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