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GR: infermieri dicono “sì” al salvataggio dell’ospedale di Samedan

Keystone-SDA

La sezione grigionese dell'Associazione svizzera infermiere e infermieri (ASI) esorta i cittadini dei Comuni dell'Alta Engadina ad approvare il credito di quasi 51 milioni di franchi per evitare il fallimento dell'ospedale di Samedan. Le voci contrarie però aumentano.

(Keystone-ATS) “Dire sì vuol dire mandare un segnale di responsabilità nei confronti dei collaboratori che negli ultimi anni hanno garantito l’assistenza sanitaria, malgrado le condizioni difficili”. Con queste parole la sezione grigionese dell’ASI motiva il suo appoggio al credito di 50,8 milioni per soccorrere l’ospedale di Samedan. Se anche solo uno degli undici Comuni dovesse dirsi contrario, il secondo nosocomio dei Grigioni rischia il fallimento entro la primavera dell’anno prossimo.

Preoccupazione fra gli impiegati

Stando all’associazione un no farebbe allontanare molti dei professionisti. Attualmente lavorano 350 persone nel nosocomio di Samedan. “Il futuro dell’ospedale è incerto già da tempo”, ha dichiarato la presidente della sezione grigionese dell’ASI, Renate Rutishauser, a Keystone-ATS. Alcuni mesi fa un articolo della rivista svizzerotedesca Beobachter aveva portato alla luce le ripetute violazioni della legge sul lavoro. Ora i dipendenti sono confrontati con una possibile chiusura o una riduzione dei servizi.

La settimana scorsa i vertici della Fondazione Sanitaria Alta Engadina (FSAE) hanno assicurato che non ci saranno tagli al personale fino al termine dell’alta stagione. Ma ciò non sembra calmare l’apprensione. “La preoccupazione è grande soprattutto fra coloro che vivono in Alta Engadina e coloro che hanno deciso di stabilirsi nella regione con le loro famiglie”, ha raccontato Rutishauser. A creare insicurezza anche l’accordo fiscale con l’Italia, che secondo la presidente potrebbe presto limitare in modo significativo il numero di frontalieri. “Questo è un problema soprattutto se il credito venisse respinto e si andasse verso un fallimento. In tal caso in futuro sarebbe difficile trovare collaboratori dall’Italia con le nuove strutture, che speriamo vengano create”, ha continuato Rutishauser.

Necessaria una nuova struttura

L’associazione riconosce che l’attuale struttura non funziona più. Un sì darebbe però tempo alla fondazione di sviluppare una soluzione affidabile, sostenibile e finanziabile per garantire l’assistenza sanitaria alla popolazione locale, a quella delle regioni vicine e ai turisti che soggiornano in Alta Engadina.

Anche le sezioni dell’UDC e del PLR dell’Alta Engadina-Bregaglia sostengono che sia necessaria una riorganizzazione. Ma essa è raggiungibile solo con una bocciatura al credito. Secondo i partiti un no è il solo modo per fare chiarezza e garantire un approvvigionamento sanitario sostenibile per le casse comunali.

Anche il municipio di Zuoz è contrario

Non solo due partiti sono contrari al credito di quasi 51 milioni di franchi, ma pure due municipi. Dopo l’esecutivo di Samedan, pure quello di Zuoz si è espresso contro e consiglia ai votanti di dire “no” il prossimo 4 novembre in assemblea. “Concedere alla FSAE una garanzia illimitata in termini di importo per il deficit e la liquidità, mantenere gli immobili della fondazione e rimborsare il capitale di terzi senza che essa presenti una bozza di strategia da parte del Consiglio comunale è considerato inaccettabile nei confronti degli elettori”, si legge nel messaggio pubblicato sul sito del Comune di Zuoz.

Il verdetto verrà deciso nelle assemblee comunali il 4 novembre e alle urne il 14 dicembre.

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